Nessuno ci scommetterebbe. Pare assurdo che ci sia ancora qualcosa da dire in un genere così inflazionato, piatto, anonimo e disprezzato spesso anche giustamente. Siamo nel in territori in cui la formula per qualsiasi disco, con ben poche eccezioni, sembra essere sempre la stessa è a emergere dalla scena non è solitamente chi a qualcosa da dire ma chi lo dice meglio di tutti (non proprio vero, troppo spesso è questione di look e menate varie). Il genere si potrebbe chiamare Breakdown-Based-Metalcore insomma quello diffusosi a macchia d'olio e diventato uno dei generi più in voga tra i giovanissimi a livello mondiale nella seconda metà degli anni 2000 ma in cui le band davvero valide si contano sulle dita di una mano. Un genere ormai ai ferri corti che però riserva ancora qualche potentissimo colpo di coda.

Come questo.

Questi Icon Of Sin sono una piccola realtà emergente romana, e "Open Water" è il loro secondo EP autoprodotto ed è uno di questi colpi di coda. Ma quali sono gli ingredienti per confezionare un valido prodotto in questo genere? Beh, innanzitutto c'è da saper suonare, poi bisogna assicurarsi una produzione molto pulita e potente, non prestare troppa fedeltà ai dogmi del genere vale a dire breakdown ma non troppi, occasionali assoli, magari anche qualche elemento che vada oltre la classica strumentazione, minime traccie di elettronica e passaggi orchestrali ma che non risultino pomposi o peggio tamarri o almeno non troppo. 

Qua questi elementi li abbiamo tutti, per fortuna. Brevi accenni di elettronica ci portano nella iniziale e potente "Pick Up Your Guns", varie cose possono saltare subito all'orecchio, una voce pulita che non stona affatto una buona volta, una produzione dai suoni cristallini e il cantato principale? Probabilmente l'addetto alle vocals avrà faticato non poco per renderlo in modo che non sapesse di già sentito e in effetto il tentativo ha sortito l'effetto desiderato. Passiamo poi alle successive "Open Water" e "A Blinding Sun" non proprio esaltanti ma di certo sopra la media del genere e più personali di essa. "Waves" invece, è forse il picco del mini-album, molto apprezzabile l'assolo e il lavoro alla batteria, la chiusura è poi affidata a "Shipwreck" dove troviamo suoni orchestrali più insistenti che nel resto del lavoro per un incedere quasi "epico".

Insomma probabilmente questo EP vale come intere discografie di alcune band blasonate del genere. Non resta che sperare di vedere un album pubblicato al più presto e l'affermazione a grande livello di questi ragazzi, se lo meritano. 

 

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