Capitolo secondo di "Vino e Pane", "Il Seme Sotto La Neve" è un bel libro. Lo metto subito in chiaro: non è costante come il precedente (molto bello, ma privo forse di momenti davvero memorabili), anzi è piuttosto altalenante, nel senso che sono presenti al suo interno lunghi capitoli sicuramente ben scritti, ma non eccelsi, inframezzati da picchi di grandissima letteratura. Giusto per fare due esempi: la scena finale (di cui ovviamente non parlerò...) e la descrizione del seme sotto la neve, che dà il titolo all'opera.
Il seme sotto la neve... una metafora. Metafora di quello che era la società italiana durante il ventennio fascista: un paesaggio coperto da una coltre di omertà, di assenza di morale, di paura, dove però c'è ancora chi resiste, ci sono ancora germogli che sotto crescono. E Pietro Spina è uno di questi e con uno di questi vive a stretto contatto, con un seme di una pianta che vede crescere e al quale si affeziona. E' il legame con la terra, la propria. S'affeziona anche ad altri semi, germogli in senso metaforico questa volta: Simone-la-faina e il sordomuto Infante. Sono loro, e persone come loro, la speranza, la Resistenza che cova in segreto. Fra l'eloquenza del potere, fra i "cafoni" ignoranti, fra le antiche casate nobiliari che non s'arrendono alla fine del loro tempo, in un mondo rurale così lontano dall'Italia d'oggi.
Il romanzo, ancor meno d'azione di "Vino e Pane", è tutto incentrato, come il predecessore del resto, sul personaggio di Pietro. Una non-presenza, evanescente, presente, assente. Poi di nuovo appare... una figura estremamente umana e viva, che giganteggia nella storia proprio per il suo non esserci e, se vogliamo, per la sua piccolezza. Sì, il paragone con Cristo viene quasi spontaneo, e non è certo blasfemia, visto che le radici cristiane sono uno degli elementi cardine dell'opera di Ignazio Silone.
Romanzo che si svolge nei salotti dei gerarchi, fra le convenzioni sociali, e allo stesso tempo nei campi, fra la povera gente, il tutto collegato da questo riferimento religioso al cattolicesimo, se possibile ancora più presente che in "Vino e Pane". Ma la religione, si sa, ognuno la intende come vuole, e viene fuori che, ancora una volta, il più cristiano di tutti è proprio quel comunista di Pietro Spina, aiuta il prossimo per movimento del cuore e non per dovere o circostanze. E in tutto questo, c'è che bisogna rinunciare al proprio nome e alla propria ricchezza, come Simone, o essere un emarginato, come Infante, oppure rinunciare alla libertà del proprio corpo, come fa Pietro, per essere davvero liberi.
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