“Hallelujah” di “Igorrr” è probabilmente un opera dalla doppia anima: banale, scolastica, infantile sotto molti punti di vista, ma al contempo talentuosa, unica, fortemente ironica.
Prima di tutto puntiamo lo sguardo alla, non troppo audace, scelta del compositore di usare quasi completamente un registro melodico seicentesco ormai morto e sepolto, accompagnato in tutte le salse da fraseggi “Jazz” e “Death Metal” di non elaborata fattura, che portano l'ascoltatore nel mondo del banale, dello scontato, del già fatto, già sentito, del commerciale patinato di cui ogni musicista e\o critico di musica, vero, dovrebbe ben aberrare.
A parte questo pesante punto dolente, il resto dell'opera è decisamente valido e fuori dal comune...
Infatti la qualità di esecuzione dei vari ospiti, derivanti dalle più disparate scene musicali (Mahyem, Xoox oxxo, Mulk, Niveau Zero, Tryo, Pryapisme, City Weezle, John Zorn, Vladimir Bozar'n ze Sheraf Orkestar), è eccellente.
Se poi teniamo in considerazione l'abilità di “Igorrr”, come ingegnere del suono, ci rendiamo subito conto che ci troviamo di fronte a un opera che, dal punto di vista tecnico è impeccabile.
Ma i veri cavalli di battaglia sono, senza troppo dubbio: l'irruzione della musica concreta (decisamente più moderna e meno sdoganata, nella quale possiamo trovare anche qualche citazione al noto pianista “John Cage”) di cui fa un sapientissimo, quanto curioso, uso di tipo contrappuntistico.
Sempre in linea con le coordinate della musica barocca, nell'intera opera vi è un'esasperata forma di variazione e fuga sul tema principale (che può durare dal mezzo secondo al minuto e più), eseguita per lo più con effetti elettronici, digitali e campionature di suono reale che fraseggiano tra loro, si parlano.
La “Drum machine” è un universo a sé; infatti se la maggior parte delle melodie sono perlopiù delle scopiazzature più o meno riuscite, essa, invece, e in perpetuo movimento che scandisce tempi tanto assurdi quanto nevrotici e personali, da un forte senso espressivo all'intera opera.
In più, il suono, in continuo mutamento e anche in continuo movimento, basti ascoltare, con un buon impianto e\o buone cuffie, per sentire come esso continui a spostarsi tra destra, sinistra, diagonale, dietro, davanti ect, ect...
Il risultato e simile a un gigantesco “Maelmstorm” di suoni perfettamente calibrati e orchestrati, che ci offre curiose combinazioni dei generi più disparati, in un divertente lavoro dai tratti tanto dadaisti, quanto commerciali...
Conclusioni:
“Hallelujah” è sicuramente un buon lavoro, curato e personale. Una fantasiosa e singolare rielaborazione (e sottolineo rielaborazione) della musica comunemente divisa per generi, qui, riunita sotto un unica grande bandiera.
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