Dal punto di vista musicale "Freak&Chic" non presenta particolari innovazioni, ricalcando i soliti motivi electro, ormai stratagemmi necessari per fare buoni singoli. Le vere novità le troviamo in fondo al CD e ci danno informazioni sulla sua chiave di lettura, dato che a prima analisi sembrerebbe il solito trito di giochi di parole sessuali e motivetti dissacranti. L'album invece si pone come compendio delle tendenze e tematiche precedentemente affrontate dal Divo e può essere ritenuto il punto di svolta di una già affermata tendenza all'impegno e alla denuncia sociale.

Già dalla prima traccia "Freak&Chic" si intuisce una forte somiglianza con Colombo dei Baustelle; è una metafora del male nel sistema capitalistico, come direbbe F. Bianconi, il manifesto dell'apparire, degli ormai ricorrenti festini in Sardegna e al Pineta, della tv spazzatura; un santuario del trash, tra sesso orge razzismo e borsette firmate che, nonostante sfoggino ricchezza pecuniaria, mostrano un'evidente povertà di spirito. Lo stile del Casto è di uno straordinario realismo decadente, contrassegnato da un sentimento di smarrimento e un presentimento di fine, che lascia l'amaro in bocca.

Segue Zero Carboidrati, famoso singolo del 2012 che, sebbene diventato inno di #BoicottaBarilla, nasconde una critica pungente alla ricerca sfrenata di un corpo perfetto; la base pregna della tipica atmosfera che si respira nelle palestre fa da sottofondo al martellante slogan di "voglio una lipo!".

Sexual Navigator è invece il classico singolo del Divo, molto amato sia per la sua musicalità sia per il testo divertente e zeppo di doppi sensi. Non è inopportuno fare un paragone con Anal Beat, del 2008 e ormai diventato uno dei suoi brani di maggior successo, sebbene la musica si accosti più ad Escort 25 che al famosissimo porn groove.

Tropicanal richiama invece delle atmosfere tropicali. Se la terzina iniziale descrive il classico gesto di spalmarsi la crema in una località balneare, già si intuisce una forte carica sessuale che, evocata da parole come "gaia" "godo" e le rime “infrante /sfrante”, “duro/paguro” e “gabbiani/ani”, ricorre per tutto il brano, idealizzando la rilassante libertà di una crociera omosessuale. Già canzone dell'estate 2013, ricomparirà sicuramente in questa.

Sognando Cracovia, una fantastica collaborazione con Romina Falconi, ci parla delle cacciatrici di eredità slave. "Due denti d'oro, un sussidio da invidia [...] Io e te in questo do ut des, l'amore ai confini dell'est." Il tema del piacere ha appena lasciato posto a quello dell'interesse personale e la denuncia del Casto si è fatta meno velata.

Anusmouthhand ricalca le atmosfere fetish con un vocoder che ripete ad oltranza il titolo. È insipida, ma veicola le amosfere opprimenti che simboleggiano una crisi mistica.

Segue Redemption, un pezzo dubstep a cui Immanuel affida il compito di frammentare l'album. Questa traccia è il punto di partenza dal solito prodotto del Casto. La musica stessa, col suo ritmo incattivito, denota forse un conflitto interiore dell'io lirico, che ormai stanco dei piaceri della carne, si abbandona ad una ballata techno intitolata Comunione e Liberazione. La musica, classico porn groove, è sterile (in senso positivo) e quasi celestiale. Lungi dall'essere una denuncia alla Chiesa, come ci si potrebbe aspettare dal titolo, è invece una vera e propria dichiarazione d'amore, che ricorda La cura di Battiato. Ormai siamo partiti dalla sfera mondana e ci siamo elevati; finalmente appaiono sentimenti umani, come se il secolo si fosse dimenticato della sua natura apollinea ed abbia rifiutato la visione etico-cristiana dei sani valori per abbracciare uno spirito nietzscheano di vita sregolata e priva di senso. Comincia l'impressione di una malattia che lo corrode, il suo rifiuto della realtà e il conseguente distacco, che evidentemente è reciproco, perché "come puoi tu amare qualcun altro, quando sai amar solo te stesso?". Ormai l'io si odia perché si è staccato dal branco e, foriero di valori più elevati, si accorge di non esserne all'altezza ("come posso amare qualcun altro, se non so amar neanche me stesso").

Purtroppo Immanuel muore. Non ci è dato sapere se si tratta di un suicidio, anche se non è molto probabile, vista l'ineliminabile sensazione di sporco, che possiamo ricondurre a La puzza di Gaber. Da Quando Sono Morto descrive il suo spirito, ormai libero dall'oppressione di uno standard imposto dal capitalismo e dai media, che si eleva sopra l'irrazionalità di una società arrivista. La vita è vista come una malattia, la morte come il raggiungimento finale della perfezione. Pare che l'unico modo per meritare l'amore di una persona, sia morire. Da qui nasce l'invito a raggiungerlo in una dimensione superiore, scevra dai condizionamenti e dalle fatiche terrene.

Non c'è possibilità di scampo, è un elogio alla morte, che l'io lirico vede come unica via di fuga. "Ho chiuso col passato, pulito e immacolato [...] perché così perfetto non mi son sentito mai". È scomparsa l'ansia di fare e lo stress della vita; tutti quegli apparenti piaceri di cui si godeva sulla terra erano invece causa di ansie. Finalmente, da morto, Immanuel può ricongiungersi con i suoi ideali. Seguono un riff di chitarra e di strumenti classici, simboli celesti della quiete e di una dimensione superiore, che contrasta con le atmosfere claustrofobiche di Redemption. Il brano si chiude poi con suoni metallici e digitali. È senza dubbio uno dei migliori pezzi che Immanuel abbia mai scritto.

Questo album focalizza la crisi d'identità dell'individuo nella società di massa che si basa sul "sei soltanto quello che gli altri pensano di te". Questo sistema omologatore ci lascia fraintendere che siano in molti a comportarsi come il branco per non sentirsi esclusi. Portatori di valori vecchi, disconosciamo le nuove generazioni; mentre esse, sentendosi parte di un sistema che appare distante e moralista, finiscono per sentirsi piccoli ingranaggi di una grande macchina e accentuano la loro diversità, diventando purtroppo tutti uguali. È un sistema perverso al quale l'artista non trova via di scampo.

Questo album lascia veramente l'amaro in bocca.

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