CRISI (Kris, 1946) Un folgorante esordio.

Come recita la voce fuori campo "(la storia) ...non la definirei un dramma straziante, piuttosto un dramma quotidiano. Dunque è quasi una commedia". La storia, molto semplice e lineare, racconta di una diciottenne adottata che ritrova la madre, la segue in città e dopo una cocente delusione torna dalla donna che l'ha cresciuta e finisce per sposare l'uomo che l'ha sempre voluta. In un piccolo villaggio costiero, senza ferrovia, senza industrie e senza porto, abitato da una comunità conservatrice e pettegola, la vita scorre tranquilla. L'unico fatto importante della giornata è l'arrivo della corriera. Un giorno arriva in paese Jenny (Marianne Lofgren), di città, che la gente individua subito come scandalosa. Jenny è la madre naturale di Nelly (Inga Landgrè) che è stata allevata dall'insegnante di pianoforte Ingeborg Jhonson (Dagny Lind), una donna semplice, sola e ammalata. Insegna ai bambini e, per arrotondare le entrate, ospita un veterinario chiamato confidenzialmente Uffe (Allan Bohlin). Un avvenimento che dalla comunità viene giudicato scandaloso e l'offerta della madre a trasferirsi con lei in città, inducono Nelly a partire. Nelly inizia una nuova vita, migliore. E' più brillante, ma con meno umanità. Una delle scene clou del film vede il dialogo serrato tra Jack (Stig Olin)e Ingeborg, nella sala d'aspetto della stazione, dove la donna attende di prendere il treno che l'accompagnerà in paese dopo una fugace visita a Jenny. La visita alla figlia adottiva, la paura della solitudine, della malattia e della morte, nella ciuccetta del treno, riaprono nella mente della donna nuove ansie e antichi ricordi mai sopiti. La crisi è quella che colpirà Nelly al culmine della malattia? O sonoè quella provocata dalla perenne mancanza di denaro? O è quella della "coscienza lunare" di Jack che, in un'altra scena topica, ammannisce a Kelly il segreto di non sopportare più il peso di un presunto omicidio della sua fidanzata. Jack intende confessare e pagare. Ma il racconto potrebbe essere solo un escamotage per far capitolare le donne. Il dubbio viene insinuato da Jenny in Nelly appena sedotta. Smascherato da Jenny, Jack esce in strada e si spara. Nelly, smarrita e addolorata, torna in paese, dalla madre adottiva. Incontra Ulf che le si dichiara. Il ritorno di Nelly ridà ad Ingeborg la tranquillità e la forza di affrontare la malattia. Il film, che fu un clamoroso fiasco, ebbe il merito di far conoscere un giovane Bergman e di attirare su di lui gli occhi dei produttori, che videro in lui il germe di uno scrupoloso professionista. Certamente "Crisi" è un film fatto di volti e di espressioni. Il volto malato e l'espressione compassionevole di Ingeborg; il volto ingenuo e l'espressione dolce di Nelly; il volto finto e l'espressione astuta di Jenny; il volto lunare e l'espressione vissuta di Jack; il volto serio perennemente accompagnato dall'espressione matura di Ulf. Da regista egli trova un nuovo modo di montare le scene e di rappresentare la finzione con un costante, certosino e pratico lavoro tra "campo" e "fuori campo". Molte riprese sono piatte sugli attori, c'è qualche dolly, panoramiche, qualche campo lungo e naturalmente molti primi piani. "Crisi" è un film sulla difficoltà dei rapporti "malati" tra le persone; sulla compenetrazione tra finzione e realtà (tema assai caro a Bergman); sulla verità e sulla menzogna (che si raccontino a se stessi e/o agli altri); sull'ingenuità e sull'arte del raggiro (nella quale è maestro l'infido Jack).

smr

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