Il medioevo di Antonius e Jons non è mai finito.
In compagnia di Jons, uno scettico e disilluso e pragmatico scudiero (the squire), (Gunnar Björnstrand), il cavaliere Antonius Block (Max von Sidow) ha consumato quasi tutta la sua fede in Dio in guerra. Stanco e sfiduciato e infastidito dalla vita, credente ma assalito e tormentato e roso dal dubbio, torna dalle Crociate in Terra Santa. Si ritrova in un paese (la Danimarca, tra Roskilde e Illerod) dove imperversano il disordine, la peste e il fanatismo religioso. Su una spiaggia sassosa e inospitale, dove ha passato la notte, sotto un cielo grigio e vicino ad un mare minaccioso, le si manifesta la Morte (Bengt Ekerot) che lo segue ormai da molto tempo. E' arrivata per portarlo via con se. Block le dice di non essere pronto: "Il mio spirito lo è, ma non il mio corpo. Dammi ancora del tempo”. E, proprio per prendere tempo, la sfida ad intraprendere una partita a scacchi contro di lui. Nel prosieguo del film, una famiglia di saltimbanchi, incrociata sulla via di casa, gli fa assaporare, forse per l'ultima volta, un pizzico di fiducia nella vita. Ma, questa inaspettata serenità, lo indurrà anche a porsi ulteriori domande su Dio, sulla religione, sulla vita e sulla morte. Antonius Block si trattiene addirittura, durante la partita a scacchi itinerante più incredibile della storia del cinema, in una lunga serie di incontri-scontri dialogici con la stessa Morte. Il film, sicuramente uno dei migliori, dei più profondi e ricchi di simbolismi, di Ingmar Bergman, è, in definitiva, un'allegoria tipicamente scandinava sulla vita dell'uomo, passata quasi interrottamente alla spasmodica ricerca di Dio, ma che ha, come unica definitiva certezza, solo la morte. Come era solito che accadesse negli spettacoli medievali (un esempio viene fedelmente ricostuito e riproposto dal regista, nel corso del film, proprio attraverso lo spettacolo della famiglia di attori composta da Jof-Niels Poppe, Mia-Bibi Anderson e dall'altro attore anziano), il tragico convive con il comico. Il film esprime in modo assai lineare tutte le problematiche esistenziali dell'uomo. Il cavaliere Antonius Block, attraversa idealmente ma anche fisicamente tutte le possibili tragedie umane: la guerra; le pestilenze; il giustizialismo; l'adulterio; il ladrocinio; le sopraffazioni; la violenza sessuale; la superstizione; il fanatismo religioso; et alia. E sembra riscattarle tutte con un unico escamotage: provocando un diversivo (fa cadere alcuni pezzi degli scacchi con un maldestro movimento del suo mantello) il cavaliere distrae la Morte e salva la famiglia dei saltimbanchi, permettendo loro di allontanarsi alla sua vista. La famiglia: un'oasi felice in un mondo crudele. Molto importante una delle scene iniziali che vede protagonista l'intera famiglia di attori, composta dal saltimbanco Jof, sua moglie Mia (una sfolgorante esordiente Bibi Anderson) il suo figlioletto e l'amico capo-comico. Mentre parla al suo cavallo, Jof ha una visione celestiale: la Madonna regge per mano il bambino, accompagnandolo mentre muove i suoi primi passi sul prato. Jof sveglia la moglie Mia che lo esorta a non abbandonarsi alle solite fantasticherie. Si sveglia anche l'attore che vive e lavora con loro. Si sveglia anche il figlioletto, per il quale il padre prevede un avvenire luminoso. Mia ribadisce il suo amore per il marito Jof. E' una famiglia povera e semplice, ma felice. E non a caso sfugge alla Morte.
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