Di semplicità saggia. Questo è un disco di semplicità saggia, quella semplicità cui s’arriva dopo essere passati in qualunque posto, dopo aver provato di tutto, sperimentato di tutto.

Dopo aver scritto canzoni complesse armonicamente ed altre semplicissime, dopo aver sfiorato il jazz e aver composto splendide colonne sonore. Dopo aver fatto la storia della canzone italiana con una manciata di capolavori, e dopo aver fatto ballare l’ Italia un anno intero, e forse più, con una bellissima canzone troppe volte rinnegata. Dopo aver scalato le più alte montagne della malinconia, ed averne orgogliosamente toccato la cima con “La Disciplina Della Terra”, disco perfetto, triste, profondissimo e splendidamente suonato, qualcosa si sentiva che stava per cambiare.
“Lampo Viaggiatore”, pochi anni fa, era un trionfo di ritmi ben cadenzati, si sfiorava persino il blues (si risfiorava, per essere precisi…), e generalmente si arrivava più vicini a sensazioni di serenità, anche quando le partiture, almeno letterariamente, affrontavano temi non semplicissimi. Tutto però suonava più luminoso, e persino le trascuratissime chitarre cominciavano a rifarsi vedere (gioia pura per chi amava molto, come il sottoscritto, anche il Fossati pre-“Discanto”).

In questo disco si fa un ulteriore passo in là. Un passo che certamente porterà la solita pletora di pseudopuristi inginocchiati davanti alle proprie tristissime convinzioni a scatenarsi in prevedibili cori di “venduto”, “guarda alla classifica”, “fa politichina facile” o “non è più lui”… E questo è prevedibile ed anche un po’ ovvio e forse giusto, dal momento che, come per i grandi pittori, la semplicità saggia è un punto d’arrivo non comprensibile a tutti, essendo superficialmente confondibile con la semplicità semplice o banale. Qui, proprio per far capire che le chitarre sono tornate, si inizia con “Ho Sognato Una Strada”, un brano tirato, cantautoralissimo, che potrebbe benissimo aver concepito a quattro mani con De Gregori e che, a mio parere, il Principe interpreterebbe benissimo. Seguono brani più o meno immediati, ma sempre baciati da un’apparente semplicità che è piacevolezza pura. Vero: si tocca la politica con quel grande inno al disincanto per quest’ epoca che è “Cara Democrazia”, ma si tocca anche l’amore con parole semplicissime ne “L’Amore Fa”, canzone di spiazzante bellezza che si spinge più in là nle solco segnato da “Il Bacio Sulla Bocca” qualche anno fa. Poi momenti di divertimento sia compositivo che interpretativo ne “La Cinese”, con stop di pura ironia Gaberiana (si sfiora l’omaggio esplicito tanto quegli stacchi assomigliano a quelli de “Lo Shampoo”…), e con “Reunion”, mentre “Baci e Saluti” è la classica canzone da semplicissimo arpeggio di chitarra, come non ne faceva da mille anni, e “Pianissimo” è il classico brano conclusivo, di ampio respiro, dove pare quasi giochi ad essere “Fossatiano” tanto tutto è così piacevolmente prevedibile. Ancora come i grandi pittori moderni che, per non essere accusati di saper fare soltanto tagli nelle tele o righe con le dita sporche di vernice blu, si cimentano benissimo anche nella pura tecnica “classica”, così Fossati scrive e registra “Il Battito”, capolavoro assoluto di grandissima complessità, sia musicale che, soprattutto, letteraria. Brano che rischierebbe di essere frainteso ad un ascolto superficiale ma che nasconde dentro di sé la confessione dell’uomo che ha capito tutto quello che doveva capire sull’arte e sul linguaggio, e sull’arte del linguaggio, ma che ha deciso di scegliere perché ormai ne è capace. Un brano che d’istinto si troverebbe a suo agio ne “La Disciplina Della Terra”, ma che poi si capisce benissimo essere assolutamente perfetto lì dov’è, tra “L’Arcangelo” e “La Cinese”.

Anche la title track è un brano molto interessante, se non altro per la pressante sezione percussionistica e per l’autocitazione più bella di tutta la sua carriera: quel riff di chitarra elettrica che subito si riconosce e rallegra, preso pari pari da quella bellissima canzone troppe volte rinnegata. Quasi a volerci dire che lui è sempre lui. Comunque. Sta solo a capire che oggi è un uomo saggio. E che gli piace sembrare semplice.

Elenco tracce testi samples e video

01   Ho sognato una strada (03:24)

Ho sognato una strada
Che si ferma su un ponte
E che di là da un muro alto
Corre l'orizzonte
Mi ci vorrebbe una scala
Mi ci vorrebbe una luce
Mi ci vorrebbe il coraggio
Di dare una voce

Voglio salvarmi, voglio salvarmi
Anch'io

Che ho sognato il perdono
E un soldato di vent'anni
Che sparava a un uomo
Che aspettava in piedi
Noi si chiedeva la pace
E si riceveva la guerra
Lacrime per il petrolio
Sopra tutta la terra


Voglio salvarmi
Da tutto questo
Salvarmi anch'io

Basterebbe una parola
Basterebbe una parola
In bocca
All'agnello di Dio

Se i grandi ottusi
Della Terra
Ci trascinano a fondo
Sarà che giorno dopo giorno
Avrò sognato troppo a lungo
Ah, se passasse questo buio
Come si ammaina la bandiera
Come si ammaina l'orgoglio
Alla stessa maniera

Potrei salvarmi, potrei salvarmi
Anch'io

Basterebbe una parola
Basterebbe una parola
In bocca
All'agnello
Di Dio

Voglio salvarmi voglio salvarmi
Voglio salvarmi, voglio salvarmi

Ho comprato una strada
In mezzo alla foresta
Prego per questi alberi
E prego per la mia testa
Mi sono fatto una strada
E ho costruito un ponte
E vi dico che aspetto l'angelo
Dall'orizzonte.
Io sì.

02   Denny (03:17)

03   Cara democrazia (03:39)

04   L'amore fa (03:37)

05   L'Arcangelo (03:35)

06   Il battito (05:10)

07   La Cinese (04:24)

08   Baci e saluti (04:37)

09   Reunion (04:04)

10   Aspettare stanca (05:14)

11   Pianissimo (03:45)

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