In molti sostengono che, durante il suo periodo coi Guns ’n’ Roses, Stradlin fosse il compositore ed arrangiatore più capace. Tutti e cinque i Gunners, per la verità, richiamavano stili tra loro molto eterogenei. Tanto da consentire a ciascuno di noi di affezionarsi ad una delle loro molteplici inclinazioni, sapientemente miscelate nelle loro prime alchimie discografiche.

Il secondo disco solista del chitarrista di Guns è un lavoro senza particolari fronzoli, dalle composizioni quasi retrò, ma al contempo abbastanza personale. E mentre il suo “collega” Slash, dà spesso l’impressione di tratteggiare le sue songs col blues nero di cui porta addosso il colore,  in questo “117°” si scorgono più chiare tonalità. Quelle del blues di razza bianca, dal country rock ad Elvis, eccezion fatta per la divertentissima “Memphis” (il pezzo è di Chuck Berry). Alla Ju Ju Hounds è invece accreditata l’esecuzione di “Good Enough”, che potrebbe tranquillamente essere inserita nel precedente album del chitarrista americano. Semiacustici giri country in “Bleedin” ed in “I Was Here Before You”. Il “divertentismo sudista” di quest’ultimo brano prelude la sferzata rock’n’roll della successiva “Up Jump The Devil” (ancora una cover, ancora un pezzo che ci strappa un sorriso): coinvolge il fraseggio made in Stranlin\Richards (non Keith!) delle due chitarre. Chiude“Surf Roach”, estroso esperimento  strumentale.

Lo dico a grandi lettere: questo è davvero poco più che un disco per i fan. Ma considerato quello che passano adesso sui media, mi fermo, e penso che promosso a dovere forse ne staremmo a parlare in altri termini. Davvero questione di feeling?

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