Non poteva essere altrimenti. Chandor è un regista di capovolgimenti ed esperimenti. Il suo debutto "Margin Call" era un grande esercizio di scrittura, tutto incentrato sulla parola e i dialoghi e l'evoluzione di Chandor porta al suo esatto opposto: la quasi totale assenza degli stessi, con Robert Redford che in "All Is Lost" è sperduto in avaria nell'Oceano Indiano. Solo, nessun volto amico ad aiutarlo, nessuna apparecchiatura elettronica funzionante per chiamare i soccorsi. Niente di niente se non un anziano uomo che solitario affronta l'oceano nel disperato tentativo di sopravvivere alla brutalità del mare.

Inevitabile che il cineasta del New Jersey affidasse il compito di esplicazione alle immagini e ai suoni. La regia si "limita" a tallonare il caro vecchio Redford e si tiene in equilibrio tra insistiti primi piani, movimenti bruschi nelle complesse scene di burrasca e improvvisi campi totali sulla vastità dell'orizzonte oceanico. Chandor, uomo di talento, alterna queste due fasi di stasi e azione, cercando di stemperare il ritmo inevitabilmente melassoso di un'opera che soffre di fissità. Di certo un solo personaggio che non dice nulla per un'ora e mezza non aiuta, ma così ha deciso Chandor, essendo lui stesso a scrivere le sceneggiature delle proprie fatiche. Ad affiancare l'impianto filmico complessivo c'è la colonna sonora di Alex Ebert: il suo lavoro è ancor più degno di menzione data la supremazia dei silenzi e dello sciabordare marino. Quando interviene la musica di Ebert, il film si carica di ulteriore forza drammatica e forse non è un caso il Golden Globe vinto proprio per questo lavoro.

Si potrebbe dire che "All Is Lost" sia semplicemente una sorta di esercizio di stile tutto forma che vagheggia retroscena simbolici sulla solitudine dell'uomo, la volontà di sopravvivenza, la forza di non abbandonare la speranza e così via. Si potrebbe anche dirlo come "Il vecchio e il mare" con la fotografia del "modernismo indie", ma quello che fa Chandor, come pochi altri registi oggigiorno, è utilizzare una storia per raccontarci la società; perchè a guardare più approfonditamente la seconda pellicola di Chandor ci si accorge di innumerevoli riferimenti al sistema del mercato mondiale: la piccola barca a vela di Redford viene squarciata da un container simbolo della massificazione mercantile, gli aggeggi tecnologici non servono perchè ormai andati, le gigantesche navi di trasporto merci non si accorgono di lui e filano via come pachidermici elefanti del mare. A riaccendere la speranza in un finale che forse era meglio tenere "cupo", è una piccola barchetta e un uomo, il primo che appare oltre il protagonista e che agisce con il contatto e non con la parola. Ritorno all'umano.

L'opera seconda del regista americano, uno tra i più promettenti negli states, ha le sue storture e si permette qualche "bloopers" da non perdonare ad uno come Chandor, sempre attento ai dettagli. Insomma, Redford che entra in acqua e nella successiva inquadratura è completamente asciutto è un qualcosa che si poteva evitare, così come altre inverosimili situazioni a cui assistiamo. Al netto di errori, sbavature e un ritmo che a molti risulterà indigesto, va dato merito a J.C.Chandor di aver costruito un film che è paradossalmente claustrofobico pur nella spazialità della sua ambientazione, dove l'elemento disturbante è la consapevolezza di essere intrappolati nell'immensità.

"All Is Lost" è un'opera controversa, che a tre anni dalla sua uscita ancora divide critica e pubblico. Un film che può piacere o meno, ma che mostra il lavoro di un regista che in esso ha cercato di sviluppare Cinema, merce sempre più rara...

7

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