Rimango sempre stupito quando ascolto i discorsi di gente che si rifiuta di vedere film troppo vecchi perchè sono privi di effetti speciali o più semplicemente solo perchè sono in bianco e nero (e, fidatevi, ne ho sentiti di discorsi così): queste persone si perdono in tal modo capolavori del cinema come appunto questo "Il Mostro della Laguna Nera", del lontano 1954.

Si tratta di una pellicola in bianco e nero, che presentava all'epoca numerose particolarità: innanzitutto il film era stato girato in 3-D e vantava oltretutto anche le prime riprese subaquee di questo tipo; agli spettatori venivano distribuiti nelle sale gli appositi occhiali (non quelli tarocchi con una lente blu e l'altra rossa, ma quelli con le lenti polarizzate): e questo nell'America degli anni 50, mentre in Italia anche i più grandi registi dovevano fare i conti con la scarsità di mezzi (basti pensare che l'indimenticabile "Roma città aperta" di Rossellini del '45 fu girato per esempio con l'ausilio di due sole telecamere).

La trama è molto semplice, tanto appunto da aver fatto storia ed essere diventata un classico: il cinema horror e fantascientifico deve molto a questo lavoro di Jack Arnold. Una spedizione naturalistica trova in una palude dell'Amazzonia un arto orrendo, appartenuto ad una misteriosa creatura paleogena; la scoperta porta all'organizzazione di una spedizione più attrezzata, guidata dal dottor Mark Williams (Richard Denning), prototipo dello scienziato interessato solo alla gloria e al denaro. All'avventura partecipano anche l'anziano prof. Maia (Antonio Moreno), autore della precedente, sensazionale scoperta, il giovane studioso David Reed (Richard Carlson) e la sua fidanzata, la dottoressa Kay Lawrence (Julie Adams). Il gruppo giunge al campo base che il prof. Maia aveva affidato a dei lavoranti locali, ma che ora è completamente distrutto. Magnifiche le scene in cui una orribile mano artigliata esce dalle acque come per tastare il terreno e poi ritirarsi velocemente, elettrizzando lo spettatore degli anni '50, che al contrario di quello odierno non era abituato a momenti di tensione del genere e tantomeno conosceva l'utilizzo di effetti speciali digitali.

La compagnia di scienziati e marinai della piccola nave che li ha trasportati fino al luogo chiamato Laguna Nera capisce in breve di avere a che fare con qualcosa di strano e scopre con orrore l'esistenza del mostro. Mentre il cinico Williams vorrebbe catturarlo vivo e tornare poi trionfalmente a casa, Reed capisce che il gruppo da solo non può affrontare questa sfida e propone di tornare a cercare aiuti. Alla fine prevale la prima opinione, ma il mostro è un osso troppo duro e un nemico troppo furbo: ferito più volte, sopravvive sempre e riesce perfino a rapire la dottoressa Lawrence, dalla cui avvenenza era rimasto affascinato (elemento questo del mostro innamorato della protagonista ripreso dal più vecchio "King Kong", per ammissione dello stesso regista). Gli altri partono per salvarla e alcuni di loro muoiono nel tentativo, ma alla fine l'eroico David Reed riesce ad uccidere la bestia (in realtà il dubbio rimane a chi guarda il film, tanto che lo stesso Arnold l'anno successivo potè girare il sequel "La Vendetta del Mostro" e nel 1956 addirittura il terzo episodio, "Il Terrore sul Mondo"); un finale forse un po' scontato, sicuramente il prodotto di un'epoca in cui la gente apprezzava ed amava questi personaggi senza macchia e senza paura, che facevano trionfare il bene uccidendo il "cattivo", al contrario dello spettatore di oggi, che preferisce protagonisti dalla personalità più ambigua e tormentata, il che in compenso porta a finali per nulla scontati: un segno del cambiamento dei tempi.

Il film è palesemente ispirato alle opere di letteratura fantastica degli anni '30, in particolare ai racconti del geniale Howard Phillips Lovecraft, che appunto parlavano di creature antichissime sopravvissute per oscuri motivi allo scorrere di interi eoni, che vivevano nei posti più remoti di una Terra ormai conquistata dall'uomo, ma pronte a riprenderne possesso non appena se ne presentasse l'occasione, rimettendo in discussione proprio il ruolo di specie dominante dell'umanità. Il film creò scalpore all'epoca per la convincente verosimiglianza del costume del mostro, formato da una tuta aderente sulla quale si montavano poi pezzo per pezzo le scaglie e le protuberanze ossee e da una maschera con mascella mobile veramente impressionante nel suo realismo, e anche (stento a crederci io stesso) per la scena in cui la bella attrice Julie Adams nuota in costume intero nell'acqua e viene ripresa dal basso in controluce: all'epoca molti furono capaci di vedere in quella snella sagoma scura dolcemente profilata contro il chiaro del cielo filtrato dall'acqua addirittura dei "chiari" (ma dove?) riferimenti sessuali (cito direttamente da un'intervista sul film che ho visto). Un'ultima curiosità: i panni del mostro furono indossati da ben due diversi attori, da Ben Chapman sulla terraferma perchè di statura gigantesca e da Ricou Browning durante le riprese acquatiche per la sua abilità nel nuoto, per cui si dovettero fabbricare ben due costumi!

Il film è un vero classico da riscoprire, una pietra miliare della cinematografia horror e fantascientifica, e se proprio non riuscirà a spaventare a morte lo spettatore odierno, ormai abituato a più alti livelli di tensione e bombardato da una miriade di film di questo genere, quantomeno saprà coinvolgerlo con il fascino di un'opera datata ma pur sempre di ottimo livello, garantito!

Carico i commenti... con calma