Una pietra sopra
Il primo disco ci aveva piacevolmente sorpreso. Ragazzone americano con chitarra e qualche storia da raccontare. Le Hawaii. Il surf. Il cinema. Ben Harper. OK.
Il secondo ci aveva un po' deluso: copia del primo.
Il terzo ci aveva definitivamente skassato la minkia: copia del secondo (e quindi del primo).
Non contenti comprammo i biglietti per il concerto. Con larghissimo anticipo (novembre per marzo).
Nell'attesa ascoltammo anche il quarto cd, colonna sonora di un film per bambini o qualcosa di simile (ci è mancata la forza per approfondire). Copia della copia della copia.
Quando il bel Jack sale sul palco dell'Alcatraz-tutto-esaurito e intona il primo pezzo (ci manca la forza per cercare il titolo) capiamo, finalmente, che 'sto qui è proprio ora di mollarlo. Eccheccazzo.
Perché, ecco, magari in sei o sette amici, davanti al falò, su una spiaggia tropicale, con i granchietti che ti solleticano e le noci di cocco che cadono dalle palme… il Jack potrebbe anche starci. Ma così, con il volume più basso della voce del pubblico, i pezzi privi di qualsivoglia verve, l'unica differenza rispetto alle versioni discografiche rappresentata da qualche banale accento di pianoforte (che inspiegabilmente provoca ogni volta l'ovazione del pubblico)… insomma, al terzo pezzo ci stacchiamo dalla mischia della platea e ci avviciniamo al bar. Sorseggiamo carissime birre fredde. Osserviamo il pubblico: MTV to its fullest. Ci sorprende il numero di americani presenti. Notiamo che nonostante il tutto esaurito c'è ancora parecchio spazio. Guardiamo i computer dei tecnici delle luci. Insomma non sappiamo più dove sbattere la testa.
Per la prima volta nella nostra vita andiamo via prima del bis.
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