In una precedente recensione ho avuto modo di parlare di un artista come Whistler, convinto sostenitore che l'arte dovesse avere sia come ispirazione, sia come fine ultimo, solo se stessa e non essere indotta in tentazione da malie estrinseche, sociali, politiche, culturali che fossero: in un certo senso la storia ci ha, invece, consegnato il pittore di cui andrò a parlare come l'esatto contrario, facendolo diventare il modello e massimo esempio di pittura "politicizzata" e "storicizzata". In questo scritto non farò nulla per allontanarmi da questo, poi non tanto, luogo comune ma, al di là della biografia, che allegherò alla recensione, di David, limitarsi a vedere il grande artista francese solo come narratore visivo prima della Rivoluzione Francese e poi dell'Era Napoleonica sarebbe ingiusto e alquanto limitato.

In quasi sessanta anni di attività artistica Jacques-Louis David infatti coprì quel passaggio dal Rococò al Neoclassico: di quest'ultimo stile fu tra i massimi esponenti, non si contano gli artisti che influenzò sia in vita sia dopo l'exitus, come non si contano le aspre diatribe avvenute su tutti gli aspetti della sua arte, da quelli etici a quelli puramente tecnici. Dire che David è il Neoclassico francese non è cosa così scorretta ma, per tornare all'incipit, per capirne bene la figura, sia storica che artistica, si dovrebbe tessere tutto un discorso storiografico e filosofico su Illuminismo, crollo del Ancien Règime, Rivoluzione, illusione Napoleonica e Restaurazione che per motivi di spazio non farò ma è bene non tentare nemmeno di slegare l'uomo sia dall'arte che dalla politica, ricordando, però, che spesso i parametri etici dipendono dal periodo storico di cui si parla e confrontarli a quelli del proprio presente è, quasi, sempre sbagliato.

A "La Morte Di Marat", olio su tela del 1793 conservato al Museo Reale delle Belle Arti di Bruxelles, David arrivò dopo un periodo artistico che lo vide, complice un viaggio in Italia, soprattutto a Roma e Napoli, abbandonare l'allora rantolante Rococò per affrontare un nuovo stile che, negli anni a seguire, venne etichettato come Neoclassico ma che tra gli anni '70 e '80 del XVIII secolo, in pieno tramonto del Ancien Règime, veniva chiamato "Vrai Style": del 1785 è "Il Giuramento degli Orazi" fulgido esempio di pittura che anticipa temi sociali e politici, da li a poco destinati a dominare, fino a diventarne involontaria icona, ma anche capolavoro di summa di temi artistici sia antichi che rinascimentali. Un'opera potente destinata ad influenzare sia la pittura illuminista sia il requiem di essa: di Goya ho già parlato altrove. Cito questo quadro perchè fu il vero e proprio "manifesto", anche se David precisò che non voleva dare connotazioni politiche e che furono date da altri, di un artista che, abbracciati con fervore gli ideali rivoluzionari, dedicò anima e corpo alla narrazione iconografica di quel convulso periodo a cavallo tra '700 ed '800.

L'assassinio di Jean-Paul Marat colpì molto David, da una parte perchè la cronaca narra di un'amicizia sincera tra i due e dall'altra perchè la vittima fu esponente di quell'ala intransigente giacobina a cui il pittore era vicino: nel quadro traspare tutta questa emozione. La prima cosa che si nota è l'assoluta semplicità della scena raffigurata: un uomo riverso di lato, agonizzante, in una vasca, con una smorfia sul viso che ricorda un sorriso enigmatico, in una mano una lettera firmata dall'assassina. David non la dipinge nemmeno nell'opera quasi a voler sviare le responsabilità altrove, ricordando appena l'esecutrice e lasciando i mandanti a cuocere nel loro brodo. Nessun orpello ad abbellire il luogo, a parte uno scrittoio, ricavato da una cassa di legno, con dedica, essenziale, alla base, e materiale da scrittura, sopra e sparso nella stanza: probabilmente l'artista, rendendo scarno il contesto, voleva omaggiare la statura morale e l'onestà di Marat. I chiaro-scuri ricordano la capacità drammatica nel rendere i contesti sacri del Caravaggio: palese il tentativo di David di porre l'assassinato come icona laica e martire della Rivoluzione e dei valori illuministi, in contrapposizione alle stanche figure della tradizione cristiana ed ai desueti dogmi ecclesiastici. La tecnica usata è, quasi, ossessivamente precisa e pulita con molteplici richiami al Classicismo, soprattutto greco. David, con questo quadro, santifica civilmente, senza divinizzarlo, un uomo e pone le basi per un nuovo tipo di fede: laica, improntata sui principi della ragione e della solidarietà tra le genti. 

Il quadro fu abbastanza sottovalutato, soprattutto per ragioni, immaginabili, politiche, dai contemporanei ma successivamente rivalutato tanto da esser rivisto sia in pittura, anche in stili diametralmente opposti, sia in altre forme artistiche.

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