1979: "Flag". Album ibrido fra lo stile cantautoriale puro degli anni '70 e quello più pop da consumato enterteiner anni '80. Le prima traccia "Company Man" è una classica canzone alla Taylor, che non entusiasma particolarmente ma nemmeno delude, con pure un classico incipit alla Taylor: qualche corda pizzicata e poi via alla melodia vocale dolce e vellutata che ritma la canzone. . . Bastano i primi cinque secondi per farci esclamare: 'è il solito buon vecchio James!'. Carina anche la seconda: "Johhny Comes back".

Lo stesso non si può dire della terza traccia, forse il pezzo più brutto dell'intera discografia dell'artista: il rifacimento di "Day Tripper". Sonorità fastidiosa, completamente perso il fascino dell'originale, la splendida voce di James qui non ci sta davvero a dire nulla. Il disco fortunatamente si riprende nella seconda parte. In "B. S. U. R. " esplode un ritornello contagioso e davvero coinvolgente, che tratta il tema della difficile espressione della propria personalità, mascherata da una facciata irreale. Stupenda "Millworker", fantastico brano dal testo e dalla melodia strappalacrime, sulla vita rassegnata di una donna vedova, condannata alla monotonia, fatica e tediosità del suo lavoro, per sfamare i suoi figli: "Then it's me and my machine. . . for the rest of the morning. . . for the rest of the afternoon. . . for the rest of my life". Ancora una grande canzone con un grande testo: la conclusiva "Sleep Come Free Me", un carcerato omicida, trova come unico appiglio di salvezza e momentanea libertà il sonno.

Degne di nota oltre alle sopracitate: "Up On the Roof" di Gerry Goffin e Carol King, "Rainy Day Man" (gia inclusa in versione differente nel primo album dell'artista) e infine la delicata, soffice e velatamente malinconica "Chanson Française". Non è il meglio di Taylor, ma la sua sensibilità umana e musicale, in alcuni pezzi si sprigiona, rendendoli indimenticabili.

Carico i commenti... con calma