Riuscirò a recensire degnamente questo disco? Ai lettori l'ardua sentenza, non mi sento particolarmente ispirato ma direi che vale la pena di provarci, come minimo. Non sono neanche sicuro che questo bislacco mettere le mani avanti sia il modo ideale per iniziale il discorso ma tant'è, Jane Siberry mi ispira questa sensazione di stupore misto ad insicurezza, forse perchè il cantautorato al femminile mi ha offerto più idiosincrasie e abboccamenti fugaci che relazioni positive e durature. Con Jane c'è stato un approccio discontinuo e umorale che ha seriamente rischiato di precludermi completamente la bellezza ed il fascino della sua opera; colpa della mia impazienza, del mio voler cercare a tutti i costi il colpo di fulmine, e Jane non è sicuramente facile da decifrare: è un'artista complessa, sfuggente, dalle molteplici sfaccettature. Dalla new wave degli esordi fino al folk delle prove più recenti la costante è uno stile criptico, spirituale, aperto a molteplici sonorità ed ispirazioni. Jane Siberry crea grandi melodie pop e poi le scompone, le dilata, le arricchisce, rende ogni sua canzone uno spettacolo teatrale.
Una fotografia sfocata come copertina sottolinea ulteriormente questa predisposizione all'indecifrabilità, che invita l'ascoltatore alla ricerca e all'attenzione. Un'immagine perfetta per un album come questo "The Walking" del 1987, che peraltro non è neanche uno dei suoi maggiori successi commerciali; data l'ispirazione e la perfezione melodica ostentata in queste otto canzoni si può facilmente ipotizzare che, con un approccio più "facile" e radiofonico, l'album avrebbe venduto molto di più, forse al punto da rendere la sua autrice qualcosa più di un'artista di culto, ma in quel caso non sarebbe più stato "The Walking", sarebbe venuta meno quella sensazione di ineffabile leggiadria che mi ha stregato. Accessibilità e sperimentazione, emotività e sofisticatezza, una tela complessa e perfettamente intrecciata. "Red High Heels" è il punto focale, la summa espressiva di tutto l'album: bastano poche note di piano, quelle giuste, per aprire la prima breccia nel cuore dell'ascoltatore, quello che succede nei quasi otto minuti successivi è un assalto irresistibile; parole delicate, poetiche, agrodolci, una voce che non si dimentica e un incedere dinamico, luminoso, vitale, entusiasta. Luce eterea e un cuore vivido e pulsante, uniti in un connubio indissolubile. Una continua sopresa, un colpo di teatro dopo l'altro, contrasti perfettamente armonizzati e livelli stellari di creatività ed ispirazione; una pop song zampillante, spavalda e irresistibile come "Ingrid And The Footman" divide la scena con pezzi come "Goodbye", con la sua grazia contemplativa e dolcemente malinconica che scivola repentina in atmosfere plumbee e sofferte e la struggente ballad "Lobby", sospiri, delicatezza e uno spirito smarrito, fragile, confuso.
"The Walking (And Constantly)" parte lenta, quasi con incertezza, circospezione, per poi rompere gli argini imponendo un ritmo intenso e trascinante, mentre "Lena Is A White Table" preferisce cullarsi placidamente in una fantasia onirica e incantata, sfavillìo di carillon e un cantato giocoso, leggero, pieno di contrappunti e vocalizzi leggiadri, che occasalmente precipitano in inquiete reminescenze new wave per poi rialzarsi e tornare a sognare come se niente fosse. "The White Tent The Raft" e "Bird In The Gravel", i due brani più torrenziali e complessi dell'album con i loro dieci minuti di durata, posti strategicamente come apertura e chiusura, rappresentano perfettamente l'alba e il tramonto di questo spettacolo in musica; un'alba che porta con sè una carica potente, enigmatica e visionaria, che esplode in vivaci e coloratissimi intermezzi funky, un tramonto frammentario, complicato, pieno di echi e luci soffuse, nel mezzo una parentesi teatralità corale che emerge quasi con difficoltà e viene inesorabilmente riassorbita da un flusso che si conclude finalmente con un crescendo vivido ma sfocato e dilatato.
Noterete che ho volutamente limitato al minimo indispensabile il riferimento a generi musicali ed etichette varie, perchè per me questo non è un disco pop o sperimentale o elettronico e qualsivoglia altra descrizione, è semplicemente "The Walking" di Jane Siberry nonchè una meraviglia. Qualcuno con più competenze specifiche delle mie che deciderà di raccogliere questa segnalazione o che già conosce questa straordinaria artista avrà sicuramente mezzi migliori per valutare questo album indubbiamente preziosissimo anche dal punto di vista tecnico e musicale, io mi accontento di descrivere le emozioni, e spero di avrerlo fatto nel miglior modo possibile.
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