"Viviamo in un’epoca dove le cose superflue sono le nostre uniche necessità."
Annunciato in pompa magna, dopo una gestazione durata eoni, "Gli Anelli Del Potere", prequel (per metà apocrifo) dell'epopea Tolkeniana "Il Signore Degli Anelli", approda su Prime Video e dal primo settembre è disponibile sulla piattaforma. Quella presentata è più una riproposizione in chiave quasi documentaristica dell'ecosistema della Terra di Mezzo, uno dei continenti appartenenti all'Universo di Arda, popolato da una variegata e disparati fauna di creature tanto meravigliose quanto terribili. Una sorta di genesi, seppur in medias res, di tutto ciò che è accaduto millenni prima delle vicissitudini che hanno costellato la ben più blasonata trilogia.
Non essendoci dunque una vera e propria narrazione, ma solo un glossario ricco di elementi da utilizzare, le possibilità erano pressochè infinite, con una storia che avrebbe potuto godere delle ramificazioni più disparate e dei personaggi più bizzarri. E invece ciò che ci viene presentato è un prodotto estremamente didascalico, che fatica a svincolarsi dalla sua natura enciclopedica.
Un monolitico affresco che vanta uno scomparto tecnico di effetti speciali, luci e fotografia imponente e solenne (del resto si è parlato del budget più consistente della storia destinato ad un prodotto seriale), ma che non riesce a parlare di nulla. O meglio, non riesce a parlare di qualcosa che sia vagamente interessante.
Il copione è ciò che ha animato la trama delle opere precedenti: il male che sembra essere sconfitto, ma che attende in agguato, pronto a sferrare l'attacco quando meno ce lo si aspetta. Il medesimo topos letterario delle saghe trova linfa vitale anche in questi lidi, ma dilatato fino alla degenerazione, tanto che, sin dalla prima puntata, il ritmo è lento, appiattito. E a muovere le fila di questa storia ci pensa un cast di personaggi di cui è difficile conservarne anche solo il ricordo, a causa della bidimensionalità che li affligge. Una platea ben nutrita, ma vagamente abbozzata, nel quale il fruitore medio fatica non solo ad empatizzare, ma anche a cercare di giustificarne l'esistenza (se non a fini puramente di marketing, ma di questo carrozzone mediatico, non intendo fare approfondimento alcuno).
Dunque un resoconto tedioso, banale, scevro di reali sussulti in grado di animare un minimo la curiosità dello spettatore, sfiduciato anche da quella che doveva essere un'esperienza immersiva, ma che non trova piena dignità proprio a causa dell'inamovibilità ritmica. Di una gravità inaudita, se consideriamo poi anche l'ingombrante eredità di "Game Of Thrones", la serie targata HBO che più di tutte ha mostrato fin dove il fantasy potesse spingersi (nel bene e nel male), diventando emblema della televisione degli anni 10.
Insomma, un pacchetto ben adornato, con dentro il vuoto. Superflua è farle un complimento.
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