Ormai sono anni che mi sono rotto il cazzo. Che maledico il processo evolutivo che non ha attrezzato le orecchie della stessa possibilità degli occhi. Di chiudersi. Volevo solo una mano dalla natura invece no.

Fosse stato anche solo per preservare gli orifizi e tenerli lontani da infezioni croniche che mi rendono nervoso e che mi fanno ancor meno sopportare di dover sentire. Dato che non le posso chiudere. Io non sento quasi niente, sono per natura obbligato ad ascoltare. Brincelli di discorsi dei passanti. Commenti vaporosi da ignorare. Chiavi di lettura superate. Tutte robe shh invece no. Ascolto. Forse non posso definirlo inconsapevole ma garantisco che nella maggior parte dei casi non è volontario.
É morbosa, la cosa. Sfora nell'autismo e ha la sola utilità di rendermi consapevole di avere costantemente la testa in viaggio, e basta.

Perché poi in verità, anche se mi sono rotto il cazzo, e anche se sarei tentato di materializzare l'elaborazione che ne viene fuori in parole da vomitare: poi si riduce tutto a un bolo che ingoio. Colpa mia.

Ma no, non è vero, mi dico. Sono solo assorbito dalla mia età che mi ha infilato in un'intercapedine relegato a doveri. In paranoia.

Invece no, colpa mia. Sono frutto del mio lavoro, frutto di calcoli e scelte. Come Oscilloscope Music. Solo che io a differenza di Fenderson non sapevo quello che stavo facendo. Potevo mescolare i sensi e metter mano all'oscillatore e sapevo che qualcosa veviva fuori, ma non sapevo cosa. Mi hanno sbattuto in mano una quintalata di potenziometri e io ho cominciato da subito a seguire il mio istinto muovendoli a cazzo, senza il perché. Eppure bastava chiedere.

Oscilloscope Music si occupa del bonomio semplice-complesso, di rappresentare tratteggi stilizzati attraverso un'onda di fasi. Come disegnare un quadrato con l'acqua.

Per me si tratta solo dell'emblema della mia impotenza. Non so niente. Non sono niente.

Vienna.

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