Uno dei sodalizi artistici più gustosi degli anni '90. Quando Pat Metheny è affiancato da mostri sacri si può affermare che da il meglio di se. Era già successo con Charlie Haden e John Scofield, fino appunto ad arrivare a questa proficua collaborazione con Jim Hall.

Ad ampliare la stima reciproca, questa incisione del 1998. Il disco contiene brani inediti dei due artisti ed alcuni standard, per un corposo totale di 17 brani (alcuni in studio, alcuni live).

Mentre Jim Hall suona solamente l'elettrica, Pat si diletta con il suo florilegio di chitarre, tra cui l'Ibanez, la Manzer acustica e l'incredibile 42 corde Pikasso  (da ascoltare in "Improvvisation 2" e "Into The Dream").

I due chitarristi appaiono molto più amalgamati di quanto si possa pensare. Hall porta Metheny nel suo universo, fatto di rigore e scarse concessioni di numeri ad effetto.

Questo è un album magico, serafico, morbido. Le due chitarre sono limpidissime fin dal primo approccio. L'atmosfera è cangiante di serenità e percorre traiettorie brillanti e toccanti allo stesso tempo. Se solo voleste farvi un idea del tenore e della qualità dell'intero album affidatevi alle note della composizione che apre, "Looking Up " scritta da Jim Hall.

La rivisitazione del classico "All The Things You Are" di Kern è un'altra favolosa scoperta dalla finezza indiscutibile. Una trasformazione impressionante rispetto all'originale, di assoluta tecnica e permeata di una morbidezza adatta alla pace di una serata piena di relax.

Ci sono brani curiosi, dalla struttura complessa, sotto il nome di "Improvvisation", dove Pat e Jim duellano con raffinata eleganza, dimostrando una sintonia perfetta.

Tra i brani più toccanti, senza eufemismi, c'è "Falling Grace", scritta dal bassista Steve Swallow.

Esperimento piuttosto impegnativo, quello che riguarda la rivisitazione del brano più suonato di tutti i tempi. Parlo di "Summertime" di Gerschwin. Il dinamismo è dietro le schitarrate di Pat, colorate dal genio di Hall. Anche in questo caso, evitando campanilismi e passioni, il brano ha una nuova vita e si permea di freschezza allontanandosi da qualsiasi aspettativa. Questa è forse la sfida più complessa dal momento che spesso, per rispettare l'originale, c'è il rischio di essere banali. In questo caso è tutto da godere.

La formazione a due chitarre premia l'intepretazione del dolcissimo classico methenyano "Don't Forget". Degno di nota, per la sua impostazione misteriosa e introspettiva "Waiting To Dance", del maestro Hall, che a livello compositivo ha talento da vendere.

Imperdibile.

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