Recentemente, su questo sito, è stata pubblicata una recensione concernente il sesto capitolo della saga di Harry Potter, ovvero "Il Principe Mezzosangue". Scoprire un unanime (o quasi) gradimento da parte degli utenti di DeBaser nei confronti dei lavori della Rowling mi è valso un dolce sollievo, nel frattempo sono balzati nella mente del sottoscritto, purtroppo profano degli ultimi tre volumi, i ricordi abbandonati tra le pagine di Harry Potter. Un personaggio, un marchio, una vera e propria industria mediatica che piace e piacerà nel prossimo futuro. Inutile stroncare e nausearsi riguardo alla mercificazione delle avventure del maghetto inglese: soprattutto perché, tralasciando la mole di prodotti e merchandising realizzati all'uopo, i singoli capitoli della saga, i singoli "mattoni" letterari, solamente loro sono in grado di emozionare e stupire, anche a distanza di parecchi anni dall'ancestrale lettura e rilettura di essi. Chi non si è abbandonato alla verve sfogliando le pagine nelle quali l'occhialuto Potter perveniva alla resa dei conti con Lord Voldemort e/o delegati, riassunto di qualsiasi mistero concepito nelle rimanenti narrazioni?
Come ho già accennato, la mia cultura potteriana è tuttora ferma al quarto capitolo, "Il Calice di Fuoco", grande capolavoro del fantasy contemporaneo. Più volte, nel corso di questi ultimi anni, sono tornato a scorrere quelle pagine, ora sgualcite, quel voluminoso "pacco magico", compendio di tutto ciò che il genere fantastico può offrire al curioso e "affamato" lettore. E posso affermare con certezza di aver provato sempre un sincero piacere nel ri-sfogliare il libro, elemento che fornisce a priori la mia personale valutazione riguardo ad esso.
"Il Calice di Fuoco" rappresenta il punto mediano dei sette tomi, non tanto per la sua collocazione all'interno della serie, quanto per la singolare caratteristica di "ponte" che collega l'infanzia di Harry e combriccola con la "maturità" tipica di chi è prossimo all'età adulta. Non solo: la tranquillità, la frivolezza e la leggerezza dei primi tre volumi (Il Signore Oscuro/Voldemort non è ancora divenuto un nemico concreto e reale per il più famoso studente di Hogwarts) repentinamente si volatilizzano e il Male entra non più come comparsa, in qualche modo eludibile o eliminabile, ma come terribile avversario deciso a contendere il ruolo di protagonista ai prodi difensori di Potter. Compaiono pure le prime, vere espressioni di sentimenti umani coinvolgenti il mondo dei Maghi (timidamente accennate nel "Prigioniero di Azkaban"). Insomma, quel coraggioso bambino, un po' spavaldo, decisamente molto fortunato, intento spesso a infischiarsene delle regole poste dalla società (babbana e magica) e dagli antichi rettori di Hogwarts, cresce e si accorge che il possesso di poteri magici non prescinde assolutamente connotati più "umani" e "reali", tra i quali un cuore, delle emozioni, passioni, intemperanze e incontinenze i quali effetti negativi sono impossibili da sottomettere semplicemente con una bacchetta magica oppure con un Wingardium Leviosa.
Impensabile riassumere degnamente la trama del "Goblet Of Fire", la quantità di mini e microstorie, il peso degli argomenti trattati dai suoi tre predecessori, la comparsa e scomparsa di personaggi, contribuirebbero ad affievolire qualitativamente una qualunque summa dell'opera. Proviamo almeno a schematizzare per grandi linee il contesto generale: ivi si intrecciano le vicende del "Torneo Tremaghi" (antica competizione tra le Scuole di Magia più rinomate -Hogwarts, Beauxbatons e Durmstrang- : tre studenti/maghi adulti, ognuno rappresentante la propria delegazione scolastica e scelti dal profetico Calice di Fuoco , sono chiamati ad affrontare altrettante complesse prove di coraggio e abilità magica. Al vincitore gloria ed onore imperituri. Potter è malauguratamente e involontariamente inserito in questa competizione, che in modo inaudito vede perciò quattro partecipanti) e il ritorno in carne ed ossa autonomi di Lord Voldemort, ritorno annunciato dalla comparizione del "Marchio Nero" durante il Campionato Mondiale di Quidditch. Il Torneo Tremaghi è l'occasione perfetta per annunciare al mondo magico - ed anche babbano - la resurrezione del Signore Oscuro (precedentemente in stato di semi-decesso dovuto al rimbalzo sul suo corpo della maledizione indirizzata al piccolo Potter anni addietro), attorniato, ora, dai servili Mangiamorte: proprio l'ultima, ardua prova della competizione - catturare la Coppa Tremaghi in un labirinto infestato da creature magiche e tranelli vari - fornisce a Voi-sapete-chi il pretesto per avocare a sé Harry (quest'ultimo, sfortunatamente, trascina seco Cedric Diggory, "legale" delegato di Hogwarts, ucciso subito con la maledizione senza scampo "Avada Kedavra") e per lottare con lui, duello sicuramente finalizzato all'eliminazione definitiva del ragazzo-mago. Potter eviterà, al termine di un'aspra battaglia, l'ira mortifera di Voldemort che comunque sarà solo allontanato in vista di ulteriori scontri futuri. Il libro si conclude tristemente (il primo della serie a illustrare un mesto finale) con un ricordo "funebre" di Diggory, ormai "martire" della Scuola di Magia & Stregoneria "inglese", e con l'annunciazione da parte di Silente del ritorno di Voldemort, avvenimento che, scorrendo buona parte del successivo "Ordine della Fenice", sarà considerato al pari di una burla inscenata dall' "egocentrico" Potter: egli stesso perderà la stima di molti personaggi influenti (Caramell - Ministro della Magia - in primis) e subirà vessazioni a non finire, fino a che la seconda ricomparsa di Voldemort sarà più che palese per tutti, anche per i più scettici.
Nel "Calice" assistiamo al primo, vero, assassinio della saga, la scomparsa di un personaggio "buono" (Diggory), elemento che presagisce nuove vicissitudini, più complesse e catastrofiche. Sono lontani i tempi del Potter ragazzetto, delle piccole avventure in segrete sotterranee e castelli bui. Il genere orrorifico si sposa a meraviglia con dinamiche per le quali non sono più sufficienti un po' di coraggio, qualche conoscenza magica e l'aiuto degli amici fidati. Il Male ha nuovi alleati, nuovi assi nella manica, sposta le vicende in ambienti decisamente cupi e terrificanti, entra in maniera repentina lo spettro della morte, finora mai preso sul serio. Scagliare qualche incantesimino o invocare personaggi saggi (Silente), atti a comportarsi come "Deus ex machina", sono ancore di salvataggio ormai blande e superate. I giochi si fanno seri, duri, difficili, complessi.
Potter supera in extremis le prime prove inflittegli da Voldemort, antipasto, tuttavia, di una lunga serie di patimenti e difficoltà che riguarderanno pure altri notevoli "alleati" (il citato Albus Silente), sconfitti inesorabilmente dal Male che avanza imperterrito. Soprattutto Harry comprenderà che l'età dei balocchi, delle frivole scorribande per il castello di Hogwarts con i "quadri parlanti", delle gite a Hogsmeade e per i negozi di Diagon Alley, sono terminati e che si apre per lui l'era della maturità, con connotati e caratteristiche (pure negative) tipiche sia della stregoneria che della babbanità. E dovrà impegnarsi a conciliare/concertare la Realtà e la Magia, quasi un'espressione metaforica della nostra stessa vita, dalla spensierata infanzia (Magia) alla complessa età adulta (Realtà).
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