Quelli che... se produce Spielberg dev'essere per forza una cafonata. E' uno dei tanti stereotipi che contraddistinguono la storia del cinema, ed è uno dei più fasulli. Certo, Spielberg ha prodotto film ignobili o sopravvalutati ("Poltergeist"), ma è stato anche produttore di capolavori ("Chi ha incastrato Roger Rabbit?") o film di tutto rispetto ("Gremlins"). Fra i suoi pupilli, Robert Zemeckis, Tobe Hooper, Joe Dante. Tralasciando Zemeckis e Hooper (regista, quest'ultimo, veramente modesto), è forse Joe Dante la più grande "scoperta" spielberghiana.
Regista troppo spesso sottovalutato, Joe Dante è, prima che un addetto ai lavori, un cinefilo appassionato. La folgorazione sulla via di Damasco la ebbe a 6 anni dopo avere visto "Biancaneve e i sette nani". Il cinema è la sua droga, e, dai classici dell'horror della Hammer ai western di John Ford, tutto passa sotto i suoi occhi. Spielberg lo nota dopo l'uscita del film "L'ululato" (forse il migliore di Dante), e gli propone la sceneggiatura di "Gremlins". E 'un successo mondiale ma, proprio come accadde a Michael Cimino dopo "Il cacciatore", l'uscita di scena sarà terribile. Nel 1985 il contratto con la Paramount lo manda in rovina, e film interssanti come "Salto nel buio" o "L'erba del vicino", si rivelano flop clamorosi. Oggi vivacchia, tra pubblicità e serie Tv americane, aiutato, ogni tanto, dal sempre fedele amico Spielberg col quale riesce a realizzare pellicole degnissime (ma sempre di scarso successo), come ad esempio "Small Soldiers".
Il suo nome però, resta indiscutibilmente legato a "Gremlins", un ottimo film, un misto tra la fantascienza e l'horror, con chiavi di lettura sociologiche interessanti: la distruzione della classica middle classe americana, la fine dell'uomo medio, l'anarchia imperante. E con quei simpaticissimi pupazzetti che sono entrati nel cuore di milioni di spettatori. Ovviamente, simpaticissimi fino ad un certo punto, visto che più che ammazzare non facevano. Potrei stare ore a parlare di Phoebe Cates, ma evito qualsiasi commento pruriginoso.
Nel 1990, in piena crisi "dantiana", Spielberg propone all'amico regista di realizzare un seguito di quel film di sei anni prima, e Dante accetta. "Gremlins 2 - La Nuova Stirpe", esce nelle sale nell'estate del 1990, ottenendo un successo di pubblico interssante ma, ahimè!, lontano dai fasti del primo film. Questo secondo è in effetti, meno commerciale e meno diretto rispetto al primo, è più folle, anarchico, citazionista (pure troppo), contorto, spietato, parodistico. La storiella è solo un pretesto per sfogare l'enorme cultura cinematografica di Dante, (in pratica, un mogwi si riproduce in un grande edificio aziendale seminando il panico fra i dipendenti e i piani alti, tutto qui...), ma in mezzo ci sono un mucchio di invenzioni spesso geniali talvolta eccessivamente forzate, tanto da risultare quasi banali.
Eccellente l'inizio, ancora prima dei titoli di testa, con i personaggi della Warner Bros (nella fattispecie, Duffy Duck e Bugs Bunny) che litigano su chi deve apparire sul marchio della Warner, per passare al venditore di anticaglie cinesi ("Grosso guaio a Chinatown"), al finto Dracula che viene mandato in onda in quarta serata, per giungere ad una delle scene più spietate dell'intera storia del cinema: la morte del critico. A metà film compare Leonard Maltin (uno dei più famosi critici cinematografici del mondo, in attività ancora oggi) che, seduto su una comoda poltrona di un cinema, mentre è intento a stroncare il primo "Gremlins" (cosa che, nella realtà, aveva effettivamente fatto) viene assalito da due mogwai dall'espressione satanica. Lo strozzano, e muore. Vendetta, forse non raffinata ma efficace, che Dante serve a puntino nel momento più convulso e agitato dell'intero film.
Numerosissime dunque le citazioni, (ci sono anche "Batman", "Il Mago di Oz", "Rambo", "Il Fantasma dell'Opera") ma anche molte scene che girano a vuoto, e una sceneggiatura eccessivamente caotica, incapace di creare una storia coerente ma solo di ammucchiare una serie di truculente sequenze di cannibalismo e ferocia animalesca. Un difetto non da poco, certo, ma è anche vero che la maestria registica di Joe Dante è sensazionale, capace di tenere le fila del discorso fino alla fine, e di fare rimanere col fiato sospeso lo spettatore fino all'arrivo dei titoli di coda. E questo, non è poco.
Un buon cast illumina la scena (unico difetto: Zach Galligan è semrpe il solito pesce lesso), ma di indiscutibile genialità scenica la presenza del grande vecchio Christoper Lee (che compare poco a dire il vero, ma quando appare in scena il film riprende magicamente quota, come se non fosse mai andato via...), nei panni del Professore Catetere, un folle che lavora al 51esimo piano della ditta Clamp.
Il doppiaggio italiano (ben fatto, niente da dire) contiene una curiosità succulenta: quando uno dei mogwai si trasforma, con occhialini sempre pronti all'uso, in un saccente tuttologo, è Vittorio Sgarbi a prestargli la voce. Molti anni prima di litigare in televisione con Alessandra Mussolini...

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