Ci sono dei dischi che si ascoltano, che piacciono, che si apprezzano; ma ce ne sono alcuni che ti rimangono impressi nella mente, che non puoi fare a meno di non ascoltare, che sanno parlare alla tua anima. E' una sensazione unica, che solo pochi artisti sono capaci di trasmettere. Questo è uno di quei pochi dischi, che riesce a parlare alla mia anima.
E' il giugno del '63, quando Joe Henderson è pronto per incidere il suo primo disco Blue Note; con lui ci sono il trombettista che lo ha "scoperto", Kenny Dhoram, uno dei più grandi pianisti di sempre, McCoy Tyner, il bassista Butch Warren e Pete La Roca, batterista con il ritmo latin nel sangue.
Si parte: il primo brano è di Kenny Dhoram, uno degli standard del periodo Hard-Bop più amati e suonati, "Blue Bossa". Già dalle prime note si capisce che sarà una giornata da ricordare; i due fiati creano un suond morbido, raffinato, mentre i voicing di Tyner, lo spazzolato di La Roca, il pulsare del basso di Warren contribuiscono a creare il timbro caldo del quintetto.
Altro pezzo di Dhoram, una ballad sensuale e rilassante, scritta proprio per esaltare il vellutato sax tenore di Henderson, che sembra scivolare sulle note che egli stesso produce. Tra l'altro è da sottolineare l'abilità di questi musicisti a suonare un brano così lento senza risultare tediosi o banali.
Ora però è ora di "svegliare" l'ascoltatore. "Homestretch" è un brano veloce di stampo prettamente Hard-bop, che scorre veloce e che mostra le qualità tecniche e la fluidità di fraseggio di questi jazzisti.
Al pari di "Blue Bossa", "Recorda Me" diverrà un brano da conoscere per qualsiasi musicista che si appresti a studiare il repertorio dell'Hard-Bop. Un tema stupendo, frutto dell'inventiva compositiva del leader della sessione, che si cimenta poi in un assolo da brivido; McCoy Tyner non è da meno, dimostrando la sua duttilità nei vari contesti musicali in cui si è trovato nella sua fortunata carriera.
"Jinrikisha", dimostra la fantasia e l'interesse di Henderson riguardo le culture musicali dell'Oriente, in particolare della Cina. Un brano spigoloso, che, però, risulta essere l'habitat naturale di Tyner che già aveva avuto modo di esplorare il sound orientale, grazie alle intuizioni di Coltrane.
Il blues della session - minore, in questo caso - arriva alla fine. Ogni jazzman che si rispetti nel blues è a suo agio e si sente: l'entrata di Dhoram dopo lo stop che apre il suo assolo parla da sè. Poi Henderson, il suo assolo è una sintesi di tecnica e liricità; dopo una chiusura da maestro, che Tyner sembra apprezzare, quando quasi cita le stesse note del tenore, c'è il solo del piano, perfettamente adatto all'"umore" del brano; l'ultimo solo è del basso Warren, ispirato anche dai musicisti precedenti.
Di questo storico album è da apprezzare soprattutto il suond fantastico che i musicisti - e forse anche Rudy Van Gelder - sono riusciti a creare: il timbro degli strumenti e così caldo, che si può quasi avvertire una sensazione di calore sulla pelle. Inoltre non dimenticate, che, se lo ascoltate con passione, questo album può parlare alla vostra anima.
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