Rigenerazione

Un'unica parola per definire la musica di Bach.
Ho trovato in soffitta da mia nonna, in mezzo alla sterminata collezione di vinili di mio zio, un 33 giri ancora intonso, coperto dalla polvere, che recava titolo "Passacaglia in do minore"... risaliva ad un'edizione Fabbri da edicolante (una delle prime) del 1967. Nell'aprirlo ne assaporo gli odori di vetusto e stantio, resto pietrificato a lungo con il vinile in mano: ben 40 anni mi separano dal giorno in cui esso fu creato, quasi 300 dal componimento di questo capolavoro...

Scritta attorno al 1716, la Passacaglia di Bach più di ogni altra ci fa entrare nella fucina del maestro, dell'uomo-artefice che sconfigge la materia; la passacaglia infatti deve il proprio nome allo spagnolo pasar (attraversare) e calle (strada), e trattasi fondamentalmente di canti e musiche intonati da musicisti girovaghi, di musica popolare, dalle poche e povere pretese. Qui il genio bachiano si mostra in tutta la sua maestosità: dall'estremamente piccolo all'immensamente grande. Partendo da un motivo semplicissimo, Bach ne fa un portentoso affresco di musica sacra, metafisica; la sviscera utilizzando tutti gli artifici del contrappunto e della composizione, rivelando in toto le incredibili doti del suo superiore artigianato.

L'utilizzo dell'organo enfatizza la centralità del "basso ostinato" in quest'opera, ovvero della successione di una nota lunga (minima) seguita da una breve di metà valore (semiminima), che si trasfigura man mano che il processo si fa difficile e più estenuante: l'esaltazione cresce e si accende qualcosa di divino. Mi piace ascoltarlo al buio. Spengo la luce ed assaporo le gioie della tomba. A volte è come se ascoltassi musica dopo la mia morte.

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