Questo film non dice molte cose, ma le dice bene. Merito della scrittura felice di Nick Hornby, merito di attori bravi e ben selezionati rispetto ai loro personaggi, merito di un ritmo perfettamente calibrato che non fa mai scadere nella noia. La storia per lunghi tratti è il classico e semplice percorso di formazione, senza grandi tratti di originalità. Ma riesce nella seconda parte a snocciolare anche una questione problematica tutt’altro che scontata nella sua risoluzione.
Per Saoirse Ronan è la consacrazione. Un film così non può funzionare senza una grande protagonista. Lei non sbaglia niente, perfettamente calata nella parte, e risulta deliziosa nei momenti malinconici quanto in quelli felici. Mai eccessiva, dà piena vitalità al suo personaggio Eilis. Ma in generale tutto il cast funziona bene e rende giustizia a dei buoni personaggi, traslati dal romanzo di Colm Tóibín alla sceneggiatura da un Nick Hornby decisamente in forma. I personaggi, anche quelli minori, arrivano con grande immediatezza allo spettatore, senza per questo diventare maschere bidimensionali. Quello di Hornby è un lavoro di cesello che caratterizza in modo nitido le persone della vita di Eilis, senza però ridurle a funzioni meccaniche della sceneggiatura.
La storia non è niente di speciale, ma raccontata decisamente bene. Hornby ha un grande merito: spesso vengono dette cose banali in modo non banale. Una scrittura fertile dà freschezza anche a una semplice e prevedibile dichiarazione d’amore. Inoltre, il film riesce a rendere benissimo quei processi di cambiamento graduale che di solito rappresentano un tasto dolente nei film di media levatura. Così, l'evoluzione di Eilis risulta credibile, giustificata da scelte di atteggiamento e di impegno che decretano il successo (o in caso contrario la sconfitta) nei vari frangenti della vita. Inoltre, il nodo problematico finale (che non svelo) è ben costruito e davvero difficile da sbrogliare. Lo spettatore dubita su quale sia la scelta migliore, forse anche più della stessa protagonista. Questo è un grande merito.
L’aspetto forse più a rischio di schematismi è il confronto tra Irlanda e America. La scelta finale di Eilis rappresenta oltre a un fatto decisivo della sua vita, un elemento simbolico nel confronto tra le due nazioni. Forse è questo il grosso limite del film, il tentativo velleitario di passare dal particolare al generale, quando per grandi tratti aveva mantenuto lo sguardo sulla sola protagonista. In questo aspetto però deve essere piaciuto decisamente all’Academy. Una storia abbastanza canonica che vuole essere paradigmatica quindi; sarebbe stato meglio limitarsi alla vicenda, semplice ma ben narrata. Un cinema che non osa in originalità, ma sa avere una dignità artistica.
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