Sarà capitato a ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, di tracciare un provvisorio bilancio della propria esistenza. E non risultando proprio positivo, ci si sarà posti il quesito : "e se fossi un altro? Come sarebbe?". Tutto questo senza aver la certezza di migliorare la propria condizione , anzi..

Se voleste affrontare una tematica così importante, vi consiglierei caldamente di andare a recuperare una pellicola come "Operazione diabolica" anche per il fatto che rientra nella categoria di quei film ingiustamente sottovalutati quando uscirono, per poi essere rivalutati a posteriori .

Diretto da John Frankheimer nel 1966, regista di stile eclettico formatosi tecnicamente alla tv americana degli anni 50, il film rientra nella sua trilogia della paranoia avviata nel 1962 con "The Manchurian candidate" e proseguita nel 1964 con "Sette giorni a maggio" .

L'opera si basa sul romanzo "Seconds" di David Ely e all'avvio segue i passi di un affermato funzionario di banca di nome David Hamilton (interpretato da John Randolph, attore precedentemente epurato negli anni del maccartismo). Tipica figura di americano in carriera, appare però roso da alcuni dubbi esistenziali acuiti, negli ultimi tempi, da strane telefonate che riceve in tarda serata da uno sconosciuto di nome Charlie. Peccato che questi sia un amico che, per quanto sappia Hamilton, sarebbe deceduto tempo addietro. Questo strano interlocutore telefonico gli suggerisce di recarsi all'indirizzo di una strana organizzazione presentandosi sotto l'identità fittizia di Wilson. Hamilton, spinto dalla curiosità, si reca sul luogo e qui si trova in un luogo asettico e misterioso ove i dirigenti della società gli prospettano un'opportunità incredibile : dietro sonante compenso si inscenerebbe una sua morte per cause violenta e, previa opportuna sofisticata operazione plastico facciale, Hamilton diverrebbe Antiochus Tony Wilson, affermato pittore. In tal modo l'ex funzionario di banca potrebbe così esplicare quelle potenzialità artistiche già in lui presenti sottotraccia . Anche se titubante il protagonista, opportunamente pressato dagli interlocutori della fantomatica società (e qui ci sarebbe già da subodorare l'inganno..) firma il contratto .

E dopo l'intervento ecco emergere dalle bende il novello Tony Wilson (un Rock Hudson mai più così bravo nella sua lunga carriera cinematografica), affermato artista residente a Malibu in California. Cosa desiderare di meglio? Eccolo recarsi ad un cocktail party dai vicini e prodursi in una sbronza colossale ed imbarazzante (Hudson si cala perfettamente nella parte) . Addirittura partecipare ad una festa orgiastica in onore del dio Bacco in cui donne ed uomini, liberatisi degli indumenti, si calano in una gigantesca tinozza ove nudi pigiano l'uva (e anche qui vedere un divo hollywoodiano come Hudson che si unisce nudo all'orgia generale fa un certo effetto per il pubblico americano e non dell'epoca...).

Peccato però che Wilson avverta qualche dubbio. Se nella vita precedente era un affermato bancario ben integrato in un potente ingranaggio economico, ora si trova inserito in un quadro generale di edonismo coercitivo. E gli sorge spontanea la domanda di dove stia realmente la sua libertà di scelta. Pertanto decide di ritornare alla sede della corporation che lo aveva cooptato ed indotto a compiere il fatidico passo.

La sua intenzione sarebbe di richiedere una nuova chance, una nuova opportunità di vita a lui più confacente, scevra da qualsiasi inquadramento e tale da non essere più eterodiretto. Ma qui sta l'inghippo : per far ciò Wilson dovrebbe coinvolgere nel progetto della compagnia un nuovo cliente (la famosa catena di Sant'Antonio). E d'altronde che pretende : non sa forse che in qualsiasi contratto firmato (lavorativo, assicurativo, finanziario , matrimoniale, ecc.) c'è sempre qualche postilla magari scritta in caratteri lillipuziani, che incastra la persona contraente? Per dubbi chiedete a Mefistofele e dottor Faust . Ovviamente, date queste premesse, l'epilogo della vicenda non può non essere agghiacciante e tale da consigliare di allacciare le cinture di sicurezza..

Girato con tecniche avanzate grazie all'uso di inquadrature grandangolari che comunicano, fin dalle prime scene, una forte sensazione di angoscia ed inquietudine, il film fu recepito tanto freddamente al festival di Cannes del 1966 (dopo la proiezione vi furono anche fischi ed ululati di disapprovazione) da essere stranamente liquidato come film "crudele ed inumano" (addirittura!). Il fatto è che, in una miscela di horror e fantascienza o fantasociologia, Frankenheimer ci consegnava un apologo illuminante sulla natura illusoria dell'american dream, secondo cui serve nella vita solo il successo economico . Nient'altro importa e non serve chiedersi se questo modello di vita rende realmente libero l'individuo. A quei tempi poi (1966) l'americano medio non nutriva tanti dubbi , pensava di essere realizzato e andava in giro fischiettando magari i successi di Frank Sinatra o dei Beach Boys se stava surfando sulle onde oceaniche antistanti la California. La crisi della guerra in Vietnam e il dissenso dei giovani yankees (figli dei fiori e non) era comunque imminente.

Certamente un film come "Operazione diabolica" (titolo originale "Seconds" ) poteva essere in anticipo sui tempi,. Ma già l'anno successivo la pellicola "Il laureato" (di Mike Nichols con Dustin Hoffman) avrebbe attestato l'avvio del nuovo filone cinematografico della nuova Hollywood meno paludata della classica Hollywood e più incline a privilegiare soggetti legati alla crisi americana fra gli anni 60 e 70.

Quello che inquieta ancora oggi, vedendo il film di Frankenheimer, è notare come certi aspetti allora troppo fantascientifici possano oggi, a fronte di notevoli evoluzioni tecnologiche, essere sempre più verosimili. Addirittura, oggi come oggi, non mi meraviglierei dell'identità fittizia di certi interlocutori...

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