In vita tutti, presto o tardi, vanno fuori fuoco, fuori asse. Si intraprende una strada maestra, la si persegue, poi arriva la stanchezza. Non mancanza di idee: stanchezza, proprio. L’abbondanza nella quale viviamo non lesina idee; idee se ne trovano, sempre.
La stanchezza ti avvolge, ti culla, ti addormenta. Non vorresti essere lì, non vorresti essere altrove. Semplicemente, vegeti. Poi, vivi.
Passare dal dominare la guerra fredda, rischiando la vita sotto i colpi di Ivan Drago, dominando gli ostili Soviet ed un pubblico inferocito, a battibeccare con George Washinton Duke per mercandare l’incontro con tale Union Cane, beh, no. No, proprio. E’ l’antefatto che è un aborto, non lo svolgersi di una trama tutto sommato piacevole, sbarazzina, anno di (dis)grazia 1990.
Vi sono forzature, vi sono inesattezze, vi sono incongruenze.
Paulie: e basta, su. Eddai. Non gli si può sempre affibiare la parte del violento sadico combinaguai. Ma ti pare che tuo cognato vada in Unione Sovietica a incantare il mondo e tu gli firmi una procura a favore di un commercialista ladro ?
E poi, d’incanto, così, si torna nel vecchio quartiere, ‘Ehy ciao Rocky tutto bene?’ ‘Ehy, ciao, e tu ?’
Suvvia, suvvia.
E’ un peccato, perché Rocky Balboa (2006), o Rocky VI, è un ottimo epilogo, depone con grazia le armi, poi arrivano i Creed (ho appena visto il terzo. Non male, ragazzo. Non male) e il franchising trova nuova linfa.
Questo Rocky V è un flop a tutto tondo: incassi, critica, linea melodica, trama. Si provò a dare una spruzzata che potesse coinvolgere le nuove generazioni piazzando nella colonna sonora Snap!, Mc Hammer e affini, ma non servì.
Non è tutto da buttare, no. Sage Stallone: approccia bene, tiene testa al padre (fittizio e reale, chiaro) e vai a sapere che qualche lustro dopo, riposi in pace, il cuore gli avrebbe ceduto.
Tommy Morrison, anche lui passato a miglior vita, non è un attore e si vede. Abbozza, ma non ha personalità.
Stallone, con il tempo, dirà: non dovevo farlo, non lo so, o dovevo farlo meglio. Insomma: nemmeno lui ha le idee chiare.
Rocky V non è un errore. E’ una nota stonata, un brandello di universo parallelo che a fatica trova un posto nella saga, un canto del cigno che resta strozzato, perché non muore, non muore Rocky, non muore (appunto) la saga.
Brugess Meredith (Mickey), che appare come flashback e/o fantasma, ci mette l’anima, come sempre. Un attore sopraffino, il talento cristallino che bilancia l’equazione con Stallone, inespressivo, vacuo, grossolano.
Tante cose non dovevano succedere eppure sono successe. Ma ho una notizia: la redenzione, la rivisitazione, la rinascita, sono lì, alla portatata.
Se poi sei Rocky, puoi tutto.
Stallone: “Sì, mi ha dato fastidio non essere in Creed 3. Ma ho un progetto, Rocky non è morto, tornerà per allenare un immigrato senza permesso di soggiorno”.
Incorreggibile, Sly.
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