“E’ solo un album. Si tratta di rock’n’roll suonato a differenti velocità, e non contiene un messaggio particolarmente profondo; l’unica ragione per cui faccio dischi è perché si suppone che li faccia.”

Questo è quello che disse lo stesso Lennon su Mind Games, vi lascio immaginare il suo valore artistico. Per non essere cattivo dirò che Mind Games non è un brutto album ma se l’avete ascoltato vi sarà difficile credermi. Direi che è un album stanco, fiacco, alquanto smorto, questo è tutto. Non ha molto da dire, poche idee riciclate e confuse, ritmi lenti, nebbiosi. Per fortuna non è pretenzioso né velleitario.

Dopo Some Time in New York City, Lennon tornò a produrre un disco rock-pop, finì la sua carriera da radicale arrabbiato e riprese ad essere un musicista. Era in crisi con Yoko e con l’ufficio d’immigrazione, per di più la scena mondiale stava cambiano, morta la Woodstock Generation, il Vietnam stava finendo, Nixon alle corde per lo scandalo Watergate; John si trovò spiazzato ma la cosa non lo preoccupava tanto.
L’album si apre con la Title track Mind Games, la canzone più bella del disco; qualche rimando alla psicologia, qualche rimando al pacifismo, una melodia pop orecchiabile, un brano valido, l’unico che va oltre la mediocrità, l’unico recuperato in seguito per i vari The Best. Potrei fermarmi qui, ma continuerò anche se c’è ben poco da dire. Tight As $ non ricordo neanche bene come faccia eppure l’ho sentita parecchie volte, questo spiega il suo valore. Aisumasen è la solita melensa pretesa di scuse a Yoko, titolo in Giapponese. One day (at a time) potrebbe anche essere bella ma è proprio il tono dell’album a sotterrarla, coretti imbarazzanti che slavano completamente la melodia, che infondo infondo è godibilissima. Bring On The Lucie (Freeda Peeple) ha qualcosa di buono, una piccola dose di impegno arrabbiato e qualche suono rock’n’roll la salvano, ascoltabile e ritmata.
Un paio di secondi di silenzio sono l’inno della nazione Nutopia (New Utopia); nazione creata da John&Yoko, una sorta di rinterpretazione della filosofia di Thomas Moore; idea che non interessò a nessuno, fallimentare e abbastanza ridicola. Il terzetto di canzoni a seguire (Intuition, Out Of The Blue, Only People) non è poi tanto male, canzonette dalla melodia accettabile, facili all’ascolto, pure facili da dimenticare.
I Know è forse l’unica ballata dell’album, la metterei al secondo posto dopo Mind Games (capirai). Un riff di chitarra folk piacevole, accordi lineari, non molto ma sopra la media. Segue You Are Here, finto esotica, inno all’amore interrazziale, canzone evitabile. L’album finisce con Meat City, ruggente rock che ricorda certe canzoni produzione precedenti di John.

Questo è l’album più insignificante di John Lennon che venne prima dell suo famoso lost-weekend con Keith Moon, Ringo e altri “amici di bevute”. E’ proprio l’atmosfera assonnata degli arrangiamenti (dello stesso John) a renderlo mediocre, si sente molto la mancanza di Phil Spector (salvatore dei precedenti lavori di Lennon). I demo voce-chitarra realizzati per le canzoni di Mind Games sono molto meglio delle versioni dell’album.

Un album che non porta nulla di nuovo e nemmeno nulla di vecchio ma solo il nulla.

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