TERUMASA HINO. E adesso non ditemi che non avete mai ascoltato "Fuji" e "Taro's Mood" (ne cito due, ma quanti altri ce ne sono che meriterebbero?)... E in tal caso, che aspettate a precipitarvi su quei dischi, a metterli sul piatto, a divorarli? Perché, sapete... è difficile raccontare la storia di questo trombettista di Tokyo, classe '42, senza raccontare la storia stessa del Jazz in Giappone; e senza parlare di Fumio Nanri, che ormai saranno 40 anni o quasi che è morto, eppure lo ricordano ancora come l'Armstrong del Sol Levante. A lui, all'anziano Maestro guardava, nei '60, Mr.Hino, già ubriacato dal Davis modale, già in contatto con quanto succedeva dall'altra parte del Pacifico. Quanti dischi di spessore fra '70 e '80, e la sua strada che più e più volte si incrocerà con quella di Masabumi Kikuchi - tastierista come pochi, in Giappone. Ma ormai era newyorkese d'adozione quando il titolare di questo disco lo contattò per registrare la sua opera prima. Appena un paio di interventi, niente di più... in "Public Domain" e nei quasi 10 minuti di "V", ora all'unisono col leader (che cadenze, signori, che fraseggi), ora da solista puro: timbro acuto, per lo più - e suoni striduli. Del resto, se in quegli anni non ci mettevi un po' del Miles più recente, che suonavi a fare...? 

MOTOHIKO HINO. Stesso cognome del precedente, avrete notato. E grazie al cavolo, son fratelli... Fratello minore, lui, e anche meno famoso, decisamente meno: sta dietro i tamburi, il suo stile è discreto ma sa incidere, quando vuole, e la sua tecnica mi ricorda quella dei session-men della Motown (assoli qua e là, fill di gran gusto, groove sempre notevole). Anche lui li ha incisi, i suoi album da solista, ma più che altro lo ricordiamo per le collaborazioni, tante ma proprio tante... In quanti dischi di Jazz giapponese avrà suonato, nei '70 (a parte quelli del fratello, ma anche quelli contano)...? Non vi faccio l'elenco ma vi bastino i sondaggi (eh si, anche quelli contano: "Best Japanese Jazz Drummer"; e non per uno, non per due, ma per 15 anni consecutivi). Se n'è andato nel '99.

CLINT HOUSTON. Il contrabbasso è la (seconda) cosa che più mi piace, di questo disco. Direte voi: perché suoni il basso. Si, ma io suono il basso elettrico, mica il "chitarrone"... Ed è vero, ma qua il contrabbasso suona vibrante, ruvido e corposo come un basso elettrico. Registrazione perfetta, tecnicamente parlando: sentite pure le dita scorrere, passare di corda in corda, sfrigolare di accordo in accordo. Ah, che goduria... Lo senti estemporizzare sulle 12 battute con variazioni armoniche a non finire, lo senti chiaramente citare (in quella "Public Domain" che apre le danze) il riff di Dave Holland in "It's About That Time", monotonale su base Db... E' lui, il compianto Clinton Joseph da New Orleans, che vanta pure due prove soliste niente male: una con Abercrombie e una con Ryo Kawasaki: ebbene si, se ne intendeva proprio, in fatto di chitarristi...

JOHN SCOFIELD. Padrone di casa...? Veramente, fa un po' specie dirlo, visto che questo suo esordio (mamma mia, 26 anni) lo incide a casa di Hino senior: Onkio Haus, Ginza, Tokyo. Ma il titolare è lui, e non perché lo trovi scritto in copertina o sulla costola del vinile. Nel presente disco (che è anche, semplicemente conosciuto come "John Scofield", omonimo come molte opere prime, perché così fu per la prima edizione) compone 4 pezzi su 6 e presenta uno stile che ancora non dice molto agli ascoltatori, ma che nel giro di pochi anni diventerà - a dir poco - caratteristico. Quello stile raffinatissimo, di una classe innata, così bluesy, così soul, così tipico di uno nato e cresciuto con Ray Charles, quello stile che si è portati ad associare, anche solo inconsciamente, alla sua Ibanez. Già con Cobham, Mingus e Burton, certo, ma è qui che tutto, in realtà, comincia (e nel novembre di quello stesso '77, un live che lascerà il segno): nelle movenze tipicamente modali di "Public Domain" (tema binario Db/D - cadenza chitarra/tromba - assolo); nel "mood" movimentato di "Blues For Okinawa"; fra le geometrie più difficili e precarie di "V" (dal vivo una bomba); nel dialogo ansante con la batteria di Motohiko in "Toco Loco"; fra le ombre, l'atmosfera scurissima di "Ida Lupino" di Carla Bley. E i tre minuti di "Amy"... un chitarrista e la sua solitudine: giusto pochi accordi "sussurrati", soavissimi, essenziali, per ribadire COSA E' IL BLUES - davvero.

Estasi.

     

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