Musicista completo che si riallaccia al calore del blues, chitarrista che come pochi sa abbracciare a 360 gradi l'intero mondo della musica afroamericana, John Scofield aveva già collezionato un cospicuo numero di collaborazioni di livello quando, nel 1982, entrò a far parte della corte di Miles Davis, figurando nella credit list di "Decoy".
Forse Scofield è stato l'ultimo collaboratore di Davis che abbia saputo conquistarsi una notorietà internazionale dopo la sua fuoriuscita dalla band. I suoi primi dischi sono fortemente influenzati da questa esperienza, e ricalcano i canoni fusion in voga in quegli anni, sebbene la sua immensa classe esecutiva sia bene in evidenza. La svolta, e l'avvio di un cammino personale che a breve lo proietterà nell'olimpo dei chitarristi jazz, arriva nel 1990, con questo "Time On My Hands", uscito per la Blue Note e prodotto da Peter Erskine.
Scofield opta per un "pianoless quartet" che gli permette di esprimere la sua fantasia improvvisativa con il massimo della libertà. Charlie Haden sa far "parlare" il suo contrabbasso come nessun altro al mondo, e con il wizard delle bacchette Jack DeJohnette forma un'accoppiata ritmica che qualunque jazzista vorrebbe avere a sua disposizione. Peraltro, la misura e l'estremo buongusto di Haden tempera l'estro di DeJohnette, batterista ipercreativo ma, a volte, portato a strafare. E poi c'è l'ineffabile sax tenore di Joe Lovano, dal suono autorevole e corposo, memore in egual misura di Rollins e di Coltrane, vivacissimo e fantasioso improvvisatore, capace di instaurare un interplay telepatico con il leader.
Scofield ha una delle maggiori qualità dei grandi jazzisti: dopo due note lo riconosci. Ascoltare le sue improvvisazioni equivale a sfogliare un'enciclopedia della chitarra jazz e blues, con decine di influenze che si fondono mirabilmente in uno stile personalissimo.
Pur rimanendo godibile e sanguigna, la musica si sposta su un livello di complessità assai diverso rispetto ai lavori precedenti. Le composizioni sono tutte eccezionali, e tradiscono la voglia del chitarrista di esplorare e di far convergere nella sua musica quanti più linguaggi possibili. C'è il R&B, antico amore del nostro, in "Farmacology"; ma anche nell'iniziale "Wabash III", dove Haden illustra una delle sue specialità, quella di estrarre un assolo eccellente da uno sparuto grappolo di note.
Nei brani lenti spesso traspare un ironico distacco, percepibile nell'andamento sornione di "Let's Say We Did", oppure una malinconia asciutta e composta, come in "Time And Tide" e "Nocturnal Mission". In "Stranger To The Light", affidata ad un ostinato di Charlie Haden, si odono echi di country-rock. "Flower Power", con il suo tono elegiaco, mantiene ciò che il titolo promette, e c'è pure spazio per il Tex-mex, nella sapida "So Sue Me", che riprende ed arricchisce il tema di "Tequila".
Ma a dispetto di tanti titoli imperdibili, qui il pezzo forte è la meravigliosa "Since You Asked", in cui si respirano profumi di Monk e Mingus, magicamente introdotta dalla chitarra, e con un assolo memorabile di Lovano. Non pago, il nostro chiude in bellezza trascinando Haden e DeJohnette nel travolgente ritmo funky di "Fat Lip".
In seguito, Scofield si getterà a capofitto in una carriera a dir poco proteiforme, che comprende collaborazioni con i colleghi Pat Metheny e Bill Frisell, incisioni con formazioni diversissime, dal trio alla big band, un ritorno al funk nei dischi con il trio Martin-Medeski-Wood. E la storia continua...
Ad di là di tutto "Time On My Hands" rimane, a mio avviso, un disco fondamentale per conoscere questo grande chitarrista. Se poi aggiungiamo che si trova in Rete, in vendita a 9,90 euro, è inevitabile l'etichetta di "acquisto obbligato"!
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