L'importante è che la storia continui. Nel mondo para-cinematografico delle piattaforme è questa la massima imperante: avere qualcosa da raccontare e che duri un bel po'. Un canovaccio su cui costruire stagioni e stagioni, perché gli abbonati hanno ben diritto di pretendere roba nuova e fresca a ogni piè sospinto.

Ritorno per un breve momento all'universo di Star Wars, di cui non mi reputo né un esperto né un appassionato, per segnalare alcuni aspetti significativi di questa celebre serie, che in giro è stata presentata come la cosa migliore di questo franchise da parecchio tempo. Ed è vero, ma questo dovrebbe far riflettere.

Mando è un prodotto sapiente e calibrato. Quel volpone di Jon Favreau ormai è addentro al mondo Disney da tempo e sa quale dev'essere l'umore, che cosa piace all'onnipotente padrone, che presto avrà anche la piattaforma streaming più frequentata del mondo. Azione gustosa e mai troppo violenta, personaggetti simpatici perfetti per vendere gadget, ma anche un certo gusto nella costruzione estetica di mondi e creature. Un infinitum narrativo che non si esaurisca mai. L'ossessione della Disney, e in fondo la paura che detta le sue mosse, è il sipario che cala, la mancanza di storie nuove. Possiamo leggere in questi termini la bulimia degli ultimi anni.

La serie abbina sapientemente la continuità orizzontale degli episodi al costrutto verticale di ogni singola puntata. Personaggi incontrati e salutati tornano dopo diverso tempo, situazioni che sembrano risolte si riaprono. Tutto molto semplice, le questioni sono sempre particolarmente piane e concrete. Questo facilita una visione di puro e appagante intrattenimento, per vedere come fanno ogni volta a cavarsela, insomma. Un certo sapore di serie tv anni '90 che però gode delle risorse della Disney e della ricchezza immaginifica della saga. Si gioca su un continuo titillare l'universo espanso, accarezzando i sogni dei fan oppure creando intrecci efficaci, con digressioni narrative che si staccano dalla saga centrale.

Saper costruire delle dinamiche action che non risultino stantie o ripetitive è un grande merito. Ma qui c'è anche altro. C'è un personaggio carismatico, di cui vediamo quasi sempre e soltanto l'armatura scintillante, che ben si accompagna a un'accennata complessità psicologica. Un cacciatore di taglie che però non si limita mai al mero cacciare taglie, tenta un percorso morale.

Decisivi infine due aspetti. Il tono che sfiora spesso l'ironia o comunque scongiura gli umori troppo seriosi alla “Luke sono tuo padre” e, vera perla della produzione, una splendida colonna sonora di Ludwig Goransson, che già si era fatto notare per le bordate in Tenet. Ed è musica western, per una serie che vuole portare le guerre stellari nei saloon da pistoleri (robot).

Mandalorian funziona perché si pone dei limiti precisi, circoscrive bene argomenti e ambienti, fissa obiettivi realistici e li persegue con capacità e mezzi. Un prodotto con uno spirito molto concreto e quasi artigianale nel suo insistere su dettagli, materiali, spigolature minime di vicende semplici ma ben dipanate. Perché la storia (e l'abbonamento) non finisca mai.

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