Immaginate un uomo che cammina avanti e indietro attraverso il corridoio della sua casa. Immaginatelo con le braccia dietro la schiena e le sue dita strette attorno ad un piccolo libro. Un atteggiamento questo, che rivela un lieve nervosismo per una sicura indecisione o per una decisione insicura.
Certo poi che l'avrebbe fatto, gli rimaneva di stabilire il come.
Sentiva un felice turbamento nel ricordare questa parte della premessa dell'autore: "Delirio faticoso e avvilente quello del compilatore di grossi libri, del dispiegatore in cinquecento pagine di un concetto la cui perfetta esposizione orale capirebbe in pochi minuti! Meglio fingere che questi libri esistano giá, e presentarne un riassunto, un commentario." Non era un caso infatti, che la lettura di "Finzioni", fosse stata preceduta da un tentativo di portar a termine "L'uomo senza qualitá" di "Robert Musil", millesettecentoottanta pagine per un romanzo incompiuto ma non incompleto.
Voler scrivere qualcosa su "Finzioni" é una scelta che gli avrebbe comportato non poche difficoltá. La prima questione fondamentale riguarda la sua preparazione culturale e le proprie conoscenze letterarie. Quanto questi aspetti potevano influire sul processo di assimilazione dei contenuti del libro? Non avrebbe potuto saperlo se non immedesimandosi in un professore universitario, ma conosceva i limiti delle sue capacitá d´immaginazione. Avrebbe allora potuto scegliere di eseguire una profonda ricerca e studio di tutti i riferimenti letterari (veri e falsi) che incontrasse nel libro. Sapeva che avrebbe compiuto questo passo soltanto se avesse avuto la memoria di un "Funes" (vedi sample n. 3), infatti nelle sue attuali condizioni intellettuali e mnemoniche, tale operazione avrebbe potuto richiedere un numero imprecisato di anni portandolo probabilmente a perdersi in un indefinito labirinto letterario*.
Decise, quindi saggiamente, di prendere e amare quella parte assimilabile che tale lettura gli trasmetteva, senza voler andar oltre, con l´incomparabile vantaggio di poter sostenere che questo é un libro per tutti.
Adesso rimaneva da risolvere la questione di come dover impostare il suo resoconto personale (recensione é un termine un po' forte in questo caso**). Se da un lato, il cercare di descrivere qualche racconto, scegliendoli fra i quattordici del libro, poteva sembrargli la scelta piú razionale ed immediata, presto si accorse che si sarebbe perso ancora nelle veritá di libro inesistente o nella concretezza di un mondo inventato. Decise allora di cercare una descrizione generale, un qualcosa di semplice e immediato, una parola: fantascienza.
Escludendo, peró, quello che l'immaginario regala quando si pensa a questa parola. Niente di tecnologico, niente di biologico, ma scienze della fantasia o fantasia nelle scienze, metafisiche, letterarie, oniriche, esoteriche. Tutte incrociate come dei sentieri che vanno a formare un labirinto senza dimensioni e perfettamente ordinato.
E' diventato cosí, "Finzioni", uno spartiacque fra ció lesse é ció che leggerá. Mai poteva immaginare che un solo uomo potesse scrivere come "Borges", autore di un concentrato dell´immaginario, plasmatore di un nuovo prezioso materiale letterario, pesante come il piccolo cono ritrovato alla "Cucchilla Negra" e perfetto come un undicesimo "hönir"***.
* Mi sembra interessante riportare che un piccolo passo in questa direzione é stato tentato, quando aprendo per pura curiositá la pagina di Wikipedia (considerata dallo stesso come il supermercato "Lidl" dell'informazione) alla voce "Tlön, Uqbar, Orbis Tertius" si fermó al paragrafo che riporta: "con 6500 parole, è un racconto relativamente lungo per Borges. Uno dei concetti principali di Tlön, Uqbar, Orbis Tertius sostiene che le idee in definitiva si manifestino nel mondo fisico e la storia è considerata come una discussione parabolica dell'idealismo berkeleyano; per certi aspetti è anche una protesta contro i totalitarismi." Infatti, intravide fra le righe, i primi segni di un labirinto che cominciava a formarsi.
** Aveva come l'impressione che qualcuno, dotato di grande ingegno, avesse giá scelto di approfondire tale studio per una recensione di tali racconti e che questa sia poi diventata il vero libro, relegando l´originale di "Borges" a una sintesi, a una recensione di un libro scritto a posteriori, uno scherzo del tempo.
*** Vedi pag. 20 da "Tlön, Uqbar, Orbis Tertius".
Sample n.1 (da "Tlön, Uqbar, Orbis Tertius")
"L'anzidetto si riferisce agli idiomi dell'emisfero australe. In quelli dell'emisfero boreale (sulla cui Ursprache l'undicesimo volume dà pochissime indicazioni) la cellula primordiale non è il verbo, ma l'aggettivo monosillabico. Il sostantivo si forma per accumulazione di aggettivi. Non si dice luna: si dice aereo-chiaro sopra scuro-rotondo, o aranciato-tenue-dell'altoceleste, o qualsiasi altro aggregato. In questo caso particolare, la massa degli aggettivi corrisponde a un oggetto reale; ma si tratta, appunto, di un caso particolare. Nella letteratura di questo emisfero (come nell'universo sussistente di Meinong) abbondano gli oggetti ideali, convocati e disciolti in un istante secondo le necessità poetiche. Determina questi oggetti, a volte, la mera simultaneità: alcuni si compongono di due termini, uno di carattere visivo e uno di carattere uditivo: il colore del giorno nascente e il grido remoto d'un uccello; altri di più termini: il sole e l'acqua contro il petto del nuotatore, il vago rosa tremulo che si vede con gli occhi chiusi, la sensazione di chi si lascia portare da un fiume e, nello stesso tempo, dal sogno. Questi oggetti di secondo grado possono combinarsi con altri; il processo. grazie a certe abbreviazioni, è praticamente infinito. Vi sono poemi famosi composti d'una sola enorme parola. Questa parola corrisponde a un solo oggetto, l'oggetto poetico creato dall'autore. Dal fatto che nessuno crede alla realtà dei sostantivi nasce, paradossalmente, che il numero di questi ultimi è interminabile. Gli idiomi dell'emisfero boreale di Tlön possiedono tutti i numeri delle lingue indo-europee, e molti altri."
Sample n.2 (da "Il giardino dai sentieri che si biforcano")
"Prima di ritrovare questa lettera, m'ero chiesto in che modo un libro potesse essere infinito. Non potei pensare che a un volume ciclico, circolare: un volume la cui ultima pagina fosse identica alla prima, con la possibilità di continuare indefinitamente. Mi rammentai anche della notte centrale delle Mille e una notte, dove la regina Shahrazad per una magica distrazione del copista) si mette a raccontare testualmente la storia delle Mille e una notte, a rischio di tornare un'altra volta alla notte in cui racconta, e così all'infinito. Pensai anche a un'opera platonica, ereditaria, da trasmettersi di padre in figlio, e alla quale ogni nuovo individuo avrebbe aggiunto un capitolo, e magari corretto, con zelo pietoso, le pagine dei padri. Queste congetture mi attrassero: ma nessuna sembrava corrispondere, sia pure in modo remoto, ai contraddittori capitoli di Ts'ui PenX. Ero in questa perplessità. quando mi fecero avere da Oxford l'autografo che lei ha esaminato. Mi colpì, naturalmente, la frase: "Lascio ai diversi futuri (non a tutti) il mio giardino dei sentieri che si biforcano". Quasi immediatamente compresi; il giardino dei sentieri che si biforcano era il romanzo caotico; le parole ai diversi futuri (non a tutti) mi suggerirono l'immagine della biforcazione nel tempo, non nello spazio. Una nuova lettura di tutta l'opera mi confermò in quest'idea. In tutte le opere narrative, ogni volta che s'è di fronte a diverse alternative ci si decide per una e si eliminano le altre: in quella del quasi inestricabile Ts'ui PenX, ci si decide - simultaneamente - per tutte. Si creano così, diversi futuri, diversi tempi, che a loro volta proliferano e si biforcano."
Sample n.3 (da "Funes, o della memoria")
"Noi, in un'occhiata, percepiamo: tre bicchieri su una tavola. Funes: tutti i tralci, i grappoli e gli acini d'una pergola. Sapeva le forme delle nubi australi dell'alba del 30 aprile 1882, e poteva confrontarle, nel ricordo, con la copertina marmorizzata di un libro che aveva visto una sola volta, o con le spume che sollevò un remo, nel Rio Negro, la vigilia della battagli di Quebracho. Questi ricordi non erano semplici: ogni immagine visiva era legata a sensazioni muscolari, termiche, ecc. Poteva ricostruire i sogni dei suoi sonni, tutte le immagini dei suoi dormiveglia. Due o tre volte aveva ricostruito una giornata intera; non aveva mai esitato, ma ogni ricostruzione aveva chiesto un'intera giornata. Mi disse: - Ho più ricordi io da solo, di quanti ne avranno avuti tutti gli uomini messi insieme, da che mondo è mondo -. Anche disse: - I miei sogni, sono come la vostra veglia -. E anche: - La mia memoria, signore, è come un deposito di rifiuti -."
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Altre recensioni
Di ImMrWolf
L’uomo, questo imperfetto bibliotecario, può essere opera del caso o di demiurghi malevoli; l’universo, con la sua elegante dotazione di scaffali, di tomi enigmatici [...] non può essere che l’opera di un dio.
Poi riflettei che ogni cosa, a ognuno, accade precisamente, precisamente ora. Secoli e secoli, e solo nel presente accadono i fatti; innumerevoli uomini nell’aria, sulla terra e sul mare, e tutto ciò che realmente accade, accade a me.