Non solo il miglior film del regista catalano, ma anche uno dei più bei film europei degli anni '90, in cui gli eccessi edonistici si mescolano ad una realtà sempre attuale e ad una componente onirico-erotica di rara efficacia.

La storia è quella di Benito Gonzales (interpretato da uno stupendo Javier Bardem), muratore spagnolo appassionato di belle donne e di Julio Iglesias, ma soprattutto votato all'escalation personale nel mondo dell'edilizia a costo di qualsiasi compromesso.

Infatti comincia a macinare idee e con un'esuberanza propria solo degli individualisti più folli riesce a costruire un suo impero, traballante e instabile, ma comunque dalla folgorante ascesa. Riesce infatti ad ottenere capitali e garanzie manipolando amicizie e fidanzate, mandando la sua ragazza a letto con un banchiere, facendo carte false pur di innalzare i suoi grattacieli, coinvolgendo poi anche la figlia del banchiere stesso e stringendo alleanze interessate con personaggi del bel mondo.

Dirompente, sicuro di sè, sempre arrapato, ammaliato dalla sua stessa filosofia di vita… (porto due Rolex, perchè? Io voglio due di tutto. Ho due coglioni, no? Quindi ho anche due Rolex)… Benito Gonzales si gode gli agi di una bella vita di superficie finchè i fragili equilibri del suo impero si incrinano e un destino infame cadrà come un'ombra infernale su di lui.

Prima un'incidente nel cantiere - dove muore uno dei suoi vecchi compari di calcestruzzo - poi un incidente in auto a seguito del quale muore una delle sue amate e lui resta storpio. Il mondo dorato che lo avvolgeva diventa annebbiato e Benito si ritrova senza credenziali, senza fidi bancari, abbandonato da tutti. Ripara così a Miami, zoppo e impotente, accontentandosi di guardare la sua ultima donna (volgare e rozza) che scopa con un altro e di sognare nuovi improbabili progetti edilizi.

Ascesa e caduta di un piccolo dio di provincia che rappresenta perfettamente l'illusione del self-made-man disposto a tutto per sfondare, incapace di tenere sotto controllo le inevitabili crepe del suo castello e votato a godersi fugaci glorie economiche e sessuali in cambio di un futuro pieno di squallore e dolore. La metafora delle uova d'oro del titolo è perfettamente funzionale: l'Uomo-Mida che grazie alla sola forza delle "palle" cerca di trasformare in oro ciò che lo circonda.

Bigas Luna, pur senza rinunciare al suo circo di tette nude e di sessualità odorosa, mette in scena con un ritmo coinvolgente una storia che seduce lo spettatore perchè specchio della fame di aspirazioni sociali che cova in ciascuno di noi. E grazie ad un cast ottimo (che include oltre al magnifico Bardem anche Maria de Medeiros) firma un'opera rutilante e realistica anche nei suoi aspetti più romanzati.

Da vedere e rivedere.

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