Io non ho nulla contro Joseph O'Connor.
Però dopo aver letto questo libro, che non mi è piaciuto, devo ammettere che non mi sono fatto un idea positiva del O'Connor scrittore.

Nasce a Dublino nel 1963, vive attualmente con la moglie e un figlio a Dalkey, in Irlanda.
Fratello maggiore di  Sinéad O'Connor, è autore di sei romanzi e altre opere eterogenee come biografie e diari di viaggio.
Certamente prolifico, scrive dal 1989 e ha collaborato con l'Irish Tribune e Esquire,  può vantare un più che discreto successo di pubblico, corroborato da un buon successo commerciale.

Questo libriccino (settantanove pagine)  è un racconto pubblicato  nel 2003 da Einaudi per la collana Stile Libero.
Traduzione di Angela Tanfo e pubblicato in lingua madre come "The Comedian".
Pubblicazione dall'aria poco onesta, poichè suddiviso in brevissimi capitoli separati da ampie pagine bianche, che fanno pensare ad un operazione puramente commerciale.

Protagonista assoluto è il padre, squattrinato e sognatore, della voce narrante che si ritrova povero e con figli a carico dopo che sua moglie lo abbandona per sempre.
Un amarcord dolceamaro su di un uomo che trova la sola forza nell'umorismo.

"Quell'incredibile inverno del '75" è un libro che fin dal titolo vuole parlare di un infanzia, di alcuni personaggi e di un'epoca precisa.
Ma  finisce col non farlo, dà solo qualche indicazione, poche spiegazioni e risveglia brevemente dall'oblio figure che poi non approfondisce adeguamente.
Succede così per il padre del protagonista, un beone che vorrebbe fare il comico ma è panettiere, sia per la vecchietta un pò matta che ogni domenica, dopo la messa porta a casa una bottiglietta d'acqua benedetta. Questi due protagonisti, che dovrebbero essere quelli che rendono "Incredibile" l'altrimenti normale inverno del '75,  vengono mitizzati senza essere mai davvero risolti.
Tutti gli altri, il fratello, le sorelle, e la madre fuggiasca, sono solo ombre, ruoli appannati, che non dicono nè tolgono nulla alla storia e vengono lasciati in disparte prima ancora di entrare in scena. Il poliziotto di passaggio, e la Madre della voce narrante hanno lo stesso spessore.
Mostra sì una scrittura  precisa e scorrevole, ma mette in scena una vicenda che lascia molti punti in sospeso, con personaggi che alla fine non concludono veramente nulla.

Va bene raccontare una vicenda umana comune, ma essere inconcludenti è un altro discorso.
La psicologia di tutti i personaggi, le loro motivazioni, non sono mai mostrate poichè inesistenti.
Tutti quanti rispondono a ruoli ben precisi e già conosciuti, così il lettore, fin dall'inizio, avrà ben chiare le direzioni del racconto.
Serve a poco il tono enfatico con cui il protagonista tratteggia la sua storia, così come i passaggi sui capisaldi di quegli anni, la musica, il calcio e il terrorismo, tutti comunque appena delineati, perchè l'autore sembra aver trattato con noncuranza o superficialità questo lavoro.
Troppa perchè questo libro, che si legge in mezza giornata, tra l'altro, possa lasciare qualcosa e andare oltre il semplice passatempo.


  • carlo cimmino
    6 mag 10
    Recensione: Opera:
    Bello l'intro con "Io non ho nulla contro Joseph O'Connor" e buona la semi-stroncatura dell'opera. Non conosco l'autore in questione e l'unico problema è che non ho bene capito di cosa scrive abitualmente, dato che questa opera non mi pare - stando a quanto dici - la sua più rappresentativa. Comunque c'entra ben poco forse, ma - a proposito di biografie con ritratti familiari di gioventù - la recensione mi ha ricordato di "Ronnie, mio padre" di John Le Carré, libretto in cui il buon John offre un ritratto e una descrizione delle gesta del suo sciagurato padre, definito nell'occasione come il "più sfrontato truffatore che si potesse incontrare nella Gran Bretagna del dopoguerra."
  • santalessio
    7 mag 10
    Recensione: Opera:
    come il buon carlo non conosco né lo scritto né lo scrittore. premesso ciò, la tua mi pare un'analisi onesta.
  • Greg*89*
    10 mag 10
    Recensione: Opera:
    ops mi è scivolata la mano sulla preferenza.

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