Mettetevi comodi in poltrona, non sarà una lunghissima lettura, forse centocinquanta pagine. Vi consiglio di tenere al vostro fianco una bottiglia di grappa, bianca e non troppo "costruita". Vi terrà compagnia, entrerete subito nell'atmosfera malata e ubriaca di quel localaccio parigino dei primi del novecento dove Golubcik, una misteriosa ex-spia della polizia segreta russa, racconta, tra una caraffa e un'altra di acquavite, la storia maledetta della sua vita. Figlio naturale di Krapotkin, ricco principe russo, Golubcik cerca, senza successo, di farsi riconoscere come figlio legittimo per godere della bella vita paterna. Affiancato nei momenti cruciali da Lakatos, personaggio mefistotelico che impersona il Male, entrerà nel mondo dello spionaggio e sarà mandato a Parigi dove incontrerà Lucretia, la donna della sua vita, frivola figura femminile dedita al denaro e alle futilità materiali. Nel corso di una notte Golubcik confesserà ai pochi presenti il terribile duplice delitto di cui si è macchiato e le terribili violenze che il suo ruolo di spia lo portava a compiere.

Romanzo oscuro, assolutamente ispirato ai grandi capolavori russi (fin troppo chiari i riferimenti al "Delitto e castigo" di Dostojewsky), dove il male è presente e impersonificato da un bell'uomo attraente che zoppica in modo strano (Kaizer Soza de "I Soliti Sospetti" di Singer balza subito alla mente), dove il protagonista cerca di liberarsi dai suoi rimorsi e dai suoi pentimenti con una redenzione estrema ma tardiva. Golubcik racconta del suo inferno personale, di quel luogo di dolore e angoscia che un "bel" diavolo gli ha propinato (ogni persona ha un diavolo che gli gira attorno, basta non ascoltarlo).

Lettura semplice, coinvolgente e travolgente a tratti, da consigliare a chi ama le atmosfere dei romanzi russi dell'ottocento, a chi ama gli intrighi di potere e di palazzo, a chi adora le ossessioni compulsive dei criminali, per chi è cresciuto tifando i cattivi nelle favole. L'ennesima perla di un autore fin troppo sottovalutato: "Confessione di un Assassino" scritto nel '36 da Joseph Roth, nell'olimpo del Novecento, una certezza, una garanzia.

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