Certo qualcuno si sarà accorto che ancora oggi, a ogni mezzogiorno, i campanili delle chiese vicine si scatenano in un allegro scampanio. “E' vero”, direte voi, “ma chi se ne frega??” Volendo ve ne potete pure fregare e finirla qui, ma in caso contrario, vi siete mai chiesti il perché? Pare che l'usanza si sia consolidata nel XVI secolo, dopo che la flotta Ottomana era stata massacrata in una delle battaglie più epiche di tutti i tempi, Lepanto. Cosa fu quella battaglia, che Cervantes etichettò come “la major jornada que vieron los siglos”? La vittoria della Croce sull'Islam? Non proprio. Segnò la fine dell'aggressivo imperialismo ottomano? Nemmeno questo. Non fu nemmeno, non del tutto almeno, una crociata o una guerra santa; brutta espressione per noi questa, ma che ai tempi aveva un senso diverso, come diverso erano il senso e il sentimento della fede.
Andiamo con ordine; il quadro in oggetto ci mostra il cuore della battaglia. Quel tizio impettito in alto a sinistra, con elmo e armatura, è Don Giovanni d'Austria. Costui non centra nulla col celebre scopatore di molièriana memoria, era di tutt'altra pasta, un nobile e romantico cavaliere, figlio naturale dell'imperatore Carlo V, ovvero il sovrano più potente di tutti i tempi. E' l'anima di quella vittoria ed è riuscito, nello spericolato entusiasmo dei suoi ventiquattro anni, a riunire le diverse anime della flotta cristiana verso un obbiettivo comune, ovvero rendere di nuovo il Mediterraneo un mare sicuro e infliggere ai Turchi una sconfitta esemplare. Lepanto fu infatti la drastica reazione a uno stato di guerra che i pirati turchi, egiziani, algerini e tunisini, tutti al soldo della Sublime Porta, avevano scatenato contro i domini spagnoli e veneziani. Il culmine di una serie di aggressioni ottomane che era iniziata poco più di un secolo prima, nel 1453, quando l'ultimo bastione della Roma imperiale, la “città di oro puro”, era caduto sotto i colpi delle bombarde di Maometto II. Da quel momento gli Ottomani (e non è esatto dire Turchi, perché c'è una bella differenza tra le due cose...) erano divenuti “l'attuale terrore del mondo”. Un terrore che ai tempi in cui questa Batalla de Lepanto fu dipinta era ormai scemato.
Nel 1887 gli Ottomani sono un popolo decaduto, incapace di reagire al mutare dei tempi e di sviluppare un sistema statale moderno, in grado di gestire le spinte multietniche che pure ne sono state la forza e la grandezza. Nel quadro i Turchi sono pochi, confusi dietro il fumo dei cannoni, dominati e schiacciati dalla massa della nave spagnola che li terrifica e li butta letteralmente a mare. La Sublime Porta dipinta dal filippino Juan Luna, attivista politico oltre che pittore, è un impero malato, sconfitto sul campo della Storia. La civiltà occidentale, bianca e luminosa, ben vestita e benedetta col sangue degli infedeli che stria appena il legno delle navi, trionfa. Fu in un certo senso proprio quello che avvenne, ma questo punto di vista trascura molti dettagli, annichilisce e contamina la reale essenza di quella lotta, di quello scontro tra due civiltà che si completavano, si compenetravano, in un certo senso arrivavano a capirsi. Il dipinto è vittima dell'errore più comune da commettere quando si parla del passato, ovvero misurare e giudicare un'altra epoca con parametri dei nostri giorni. Lepanto è importante perché fu una vittoria tecnica, tattica, religiosa, fu un momento unico in cui i contrasti che dividevano le varie potenze cattoliche vennero messe da parte per un obbiettivo specifico che non era dettato da fanatismo o desiderio di conquista. Si trattava di difendersi, di proteggere una popolazione terrorizzata e divenuta carne da macello e vivaio di schiavi. Ce la si fece.
Ma il “Gran Turco” non morì a Lepanto, le piume dei suoi giannizzeri avrebbero terrorizzato l'Europa per almeno altri due secoli. La fine venne di nuovo dall'Occidente, ma non più quello di Don Giovanni, non quello che proteggeva le sue terre e le sue ricchezze nel nome di Cristo. Era un'Europa progredita e avida, nata da una serie di rivoluzioni che da Parigi aveva spazzato via il sistema politico rinascimentale. Gelose di loro stesse, senza altro obbiettivo se non la supremazia mondiale, alle potenze servivano conquiste e risorse. Per ottenerle usarono le spinte nazionalistiche, abilmente orchestrate con un ipocrita spirito paternalistico, che dissolsero l'Impero dei sultani, lo resero un pulviscolo di nazioni facili preda dell'imperialismo occidentale. E i risultati li potete constatare ancora oggi, leggendo di un qualsiasi conflitto in una qualsiasi parte dell'ex Impero Ottomano. Perché la realtà fu che la guerra santa, il saccheggio e contemporaneamente la tolleranza e l'estrema mobilità sociale furono la forza e il collante di popolazioni diversissime che riuscivano a convivere.
Dura tirare le somme, ce ne sarebbero di caratteri da battere sulla tastiera. Ma è giusto un invito ad essere un pelo curiosi. Forse le campane che suonano a mezzogiorno possono aiutarci a ricordare chi eravamo noi vincitori e chi erano davvero loro, gli sconfitti. E che Don Giovanni, a suo tempo, combatteva per un'Europa, e una fede, diverse.
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