Cover their faces in blood, come cantava Douglas Pierce.

Julia Ducournau, regista francese oggi quarantenne - Millennial a tutti gli effetti -, nel 2017 rilascia il suo primo lavoro come giovane cineasta indipendente, presentandosi al mondo come autrice di un cinema anticonformista e anticonvenzionale, radicale a suo modo, non senza padri nobili a cui ispirarsi. Su tutti, ovviamente, David Cronenberg: il più grande tra i moderni studiosi del mutamento fisico e corporeo in relazione ai cambiamenti sociali e tecnologici, ma anche ai più profondi e nascosti traumi della psiche. Lo studio che Cronenberg, da mezzo secolo, compie attraverso le immagini, pone angoscianti domande e apocalittiche conclusioni, senza rassicurazioni, senza salvezza. Conclusioni pessimiste e cupissime, pensando ai crimini del futuro che sono in realtà lo scenario del nostro presente.

Julia Ducournau oggi prosegue, a suo modo, alcune delle riflessioni iniziate da Cronenberg, ovviamente declinate secondo la sua personale visione, esperienza e sensibilità.

Raw

La carne, il sangue, il sesso.

Laddove la pulsione e la fame non possono essere represse.

La mutazione cronenberghiana qui diviene metafora della scoperta di sé e della sessualità. Raw è tra i coming of age recenti più interessanti ed estremi.

Pochi mesi dopo questo esordio della Ducournau, un'altra regista sua coetanea, oggi ben più famosa, ovvero Greta Gerwig, esordirà con un coming of age divenuto cult, Lady Bird. Si potrebbe dire che, visto l'analogo contesto liceale, Raw ne rappresenti il lato oscuro e malato, rispetto a quello più dolecamaro della regista di Piccole Donne e Barbie. D'altra parte, Gerwig è figlia dell'America cattolica di provincia, Docuurnau della capitale francese; ben altro il clima culturale.

Oltre a Cronenberg si può scorgere un'altra influenza in Raw, che fa sua, di fatto, la stessa riflessione / allegoria che era, seppur in un contesto totalmente differente, stata teorizzata da Claire Denis in Cannibal Love (Trouble Everyday). Carnalità, desiderio e voracità, il tutto portato a delle estreme conseguenze.

L'opera prima della regista francese, che riceverà in seguito una delle palme d'oro più controverse e discutibili (ma anche coraggiose) di sempre con Titane - a proposito di debiti con Cronenberg -, è un lavoro peculiare e disturbante a tratti, meno audace e fuori di testa del film successivo, ma anche complessivamente più riuscito e compiuto.

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