Con un po' di timore reverenziale mi accosto a scrivere di questo testo che per noi amanti italiani del rock tedesco degli anni '70 è diventato il punto di riferimento per eccellenza ed, ancora ad oggi, unico.

Originariamente, era uscito in inglese nel 1995 ed ora, finalmente, possiamo leggerlo tradotto in italiano da Luca Fusari per i tipi della Lain che lo hanno pubblicato nel 2006.

L'ho letto tutto di un fiato e con piacere ho ritrovato tutti i dischi che avevo "scoperto" nei primi anni '70 e presentato agli amici della profonda provincia sud torinese, ed ancor oggi vinilici suonano ogni tanto nel mio impianto. Ma, soprattutto, ho trovato un autore che è sinceramente e profondamente appassionato di questo genere finito nel buio più profondo del dimenticatoio dopo il suo breve periodo di gloria.

Tutto nasce nella Germania postbellica alla fine dei '60, quando ancora l'influenza angloamericana era forte, come visibile e diffusa era la presenza delle basi militari americane e poderoso l'ascendente culturale d'oltreoceano. Su questo terreno nasce l'esigenza di creare qualcosa di nuovo, ma, soprattutto, che potesse dialogare con le masse, che fosse, insomma, popolare. L'ambito della sperimentazione era già stato avviato da musicisti colti, come Stockhausen, e a dar manforte si innesta su questa via la tecnologia elettronica nel campo degli strumenti musicali.

Il gioco è fatto: un mix di progressive, di psichedelia e sperimentazione sia cosmica sia estrema porta al prodotto che negli anni a venire fu poi classificato come musica cosmica e krautrock.

L'analisi che nella pubblicazione Cope compie su questa produzione è manna per noi Italiani, illuminati sull'argomento dalle mai generose sezioni delle varie enciclopedie rock, prima d'ora. L'esame è condotto con la passione e la perizia che gli vengono dalla lunga frequentazione e metabolizzazione della musica dei gruppi tedeschi dei '70.

La prima parte del libro consta di 9 capitoli dove il nostro ci racconta la storia del Krautrock dagli anni '60 alla fine nei '70; il racconto è certamente appassionato e, talvolta, anche un po' sopra le righe, eccessi che facilmente perdoniamo ad un Cope da sempre alternativo e controcorrente. Dalla sua ha avuto la fortuna di potersi consigliare e farsi aiutare da altri due mostri sacri conoscitori della Musica Cosmica Tedsca, quali sono Steve e Alan Freeman: con loro ha stilato un elenco di gruppi, diciamo, indispensabili per conoscere l'argomento; a questo proposito vorrei anche ricordare che sarebbe stata impresa impossibile parlare di tutti i gruppi che la Germania ha partorito in quel periodo essendo sterminato il numero.

Nella seconda parte del libro poi troviamo un elenco dei top 50 assolutamente da possedere e, a seguire, le recensioni di tutti questi lavori segnalati.

Qui possiamo anche prenderlo un po' con le molle, per la sua sviscerata ammirazione per tutti quelli che potevano essere "protopunk" (personalmente, salverei non senza difficoltà gli Amon Duul di Disaster e qualche altra citazione). Per il resto si tratta di lavori che meritano molta attenzione e rivalutazione.

A conclusione, bisogna ancora dire che Julian Cope è stato il fondatore dei Teardrop Explodes, sul finire dei '70, e poi solista con alcuni album di spessore, tra cui è da citare almeno "Peggy Suicide", dall'andamento fantasioso, notturno ed ipnotico.

Carico i commenti... con calma