"The Invitation" può diventare un piccolo cult.

Hollywood, rimpatriata tra amici. Will e Eden hanno perso il loro figlio. Si sono lasciati e hanno trovato l'amore in altre persone. Passati due anni dall'evento è arrivato il momento di ritrovarsi tutti insieme, cercando di superare il dolore con gli amici di una vita.

Impianto basico per il quarto film di Karyn Kusama, una regista che non si è mai segnalata per particolari acuti, almeno fino a questo "The Invitation". La pellicola può essere "divisa" in due parti: la prima più lenta e statica, giocata sulla paranoia dell'atmosfera e del nostro barbuto Will (Logan Marshall-Green) e poi i venti minuti finali, dove inevitabilmente esploderà tutto ciò che prima si accumula.

"The Invitation" è una sorta di "film da camera", girato in 3 stanze e in una casa. La sceneggiatura conta più della regia e almeno inizialmente mostra dei punti deboli, in primis quando mette sul piatto la storia della setta messicana a cui Eden e compagno si sono rivolti per cercare di superare il dolore di lei. C'è poca chiarezza e poca forza nell'esposizione iniziale di quello che poi sarà l'elemento trascinante del film, ma per fortuna la regista rimette subito il tutto sul giusto binario; siamo di fronte ad un thriller pscicologico che va avanti lentissimamente, con un ritmo compassato e quasi "alienante" (complice un'azzeccata fotografia d'interni): Kusama vuole che lo spettatore si soffermi sulle frasi che i personaggi non finiscono, sulle mezze cose che dicono, sugli sguardi, le ambiguità di un uomo estraneo alla cerchia di amici, il perchè di determinati comportamenti, le chiavi, le finestre... La pellicola costruisce suspense senza avere il minimo bisogno di accellerare perchè insinua il dubbio e il sospetto nella mente dello spettatore. Per Will la serata "non è normale", c'è qualcosa che non torna. Si percepisce una dimensione altra, un paranormale che non c'è, perchè è l'uomo il vero terrore. Se la sceneggiatura di Hay e Manfredi era stata troppo facilona nel presentare la setta, riesce meglio a confondere (ma fino ad un certo punto) quando pone il dubbio su due livelli: Will ha veramente capito che c'è qualcosa che non quadra o è lui stesso che interiorizza e poi esteriorizza la paranoia per il dolore della perdita del figlio, proprio in quella casa, proprio alla presenza della ex Eden? L'epilogo chiarisce tutto e lo fa con la bontà di un film low budget che anche nella sua parte più thrilling e "gore" non cerca mai la spettacolarizzazione, non rincorre la brutalità facile, ma rimane estremamente equilibrato, secco e asciutto, fedele e coerente con il minimalismo ricercato della messa in scena e con il comportamento dei vari personaggi.

Difficile dire di più per un film che è tutto girato in tre stanze e che vive sostanzialmente di sceneggiatura e atmosfera. "The Invitation" è uno di quei titoli che non concede ritmo allo spettatore e che non gli regala scene con cui accontentarlo. Va assaporato, nei dettagli da ricordare e negli sguardi che dicono tutto e il contrario di tutto. E gli ultimi trenta secondi sono quelli che ti tengono seduto in religioso silenzio anche mentre scorrono i titoli di coda...

Si avvicina il Natale e ora ho paura delle lanterne rosse...

7,5

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