Stato di grazia. Non ci può essere definizione migliore. Un assoluto stato di grazia.
Copertina rossa, e non la solita bella foto onirica cui la ECM da sempre ci ha abituati. Lo giro e leggo la lista dei brani contenuti nel doppio ciddì, e mi pare d'esser davanti a un classicissimo disco di standards del trio. Poi leggo meglio, e, se fossi stato su una sedia, salterei saltato sulla sedia: tre ragtime. Tre ragtime...??? Due del repertorio del mai troppo compianto Fats Waller e uno estratto tra i classici che interpretava assiduamente Art Tatum.
Incredibile. Corro a casa perché la voglia di ascoltare quello che probabilmente è un vero e proprio tesoro è davvero tantissima. Ascoltando l'opera con le dovute calma ed attenzione, mi rendo conto che i due dischi sono perle assolute in ogni nota, in ogni fuga, in ogni stacco ed in ogni stop. Un assoluto capolavoro, senza mezzi termini.
La leggenda vorrebbe che i tre regtime siano stati una sopresa anche per i fidatissimi compagni di viaggio Peacock e DeJohnette, i quali, secondo alcuni folli critici francoisi, arrancherebbero su questi tre brani rendendoli i meno interessanti del disco. Niente di più falso: se c'è stupore è senz'altro uno stupore gioioso, gaudente. E i regtime sono rivisti jarrettianamente, con scomposizioni armoniche interessantissime, ma contemporaneamente con un rigore filologico, da appassionato, tanto piacevole quanto inaspettato.
E mai e poi mai mi ricordo d'aver sentito il trio così affiatato: ormai questi tre geni sono un uomo solo. Se si dovesse mettere un'immagine, nel dizionario, alla parola "affiatamento", beh..., metterei senza dubbio una foto del Jarrett Trio: l'intesa è assoluta. I compagni di viaggio colgono al volo ogni variazione (musicale e d'umore) del leader, seguendolo, appunto, come se si trattasse davvero di un'unica persona.
Eccezionali è dir poco.
Peacock, anche nei soli, dimostra un gusto ed una tecnica assoluti. Non delude e non annoia mai, anche dopo le centinaia di dischi che abbiamo ascoltato. E DeJohnette, qui, è in una forma mai vista, anche sui tempi veloci e velocissimi, capace di coniugare tecnica e gusto come nessun altro; tanti batteristi dall'ottima tecnica, Dave Weckl su tutti, dovrebbero imparare il senso della libidine pura, ed anche un po' della "sottrazione" da questo assoluto genio delle bacchette, forse l'ultimo gigante, nel suo campo, ancora vivente.
Per il resto, nel disco, primeggia ovviamente l'assoluto tocco del Maestro: perfetto, fluido, ispiratissimo. Tra gli standards arcinoti "my foolish heart" (bellissima), "oleo", "the song is you", un'incredibile "straight, no chaser" che sfora i dieci minuti, assolutamente perfetta ed importante nella misura in cui omaggia uno dei padri del pianismo moderno, quel Monk che dieci enciclopedie non basterebbero a spiegare completamente. Poi "on green on dolphin street", sempre ottima, quando affrontata dai grandi (ricordo una versione splendida di Stan Getz).
Dopodiché si affronta, benissimo, una partitura per il sottoscritto intoccabile, ovvero quella "guess I'll hang my tears out to dry", la cui versione di Dexter Gordon in "Go!" era, fino ad ora, un esempio supremo di ballad perfetta ed imbattibile. Qui Jarrett la tocca con dita finissime. Vola sul suo piano in maniera che può esser tacciata solo di eccessiva impeccabilità (che non pare sia ancora considerabile un difetto).
Registrazione live del 2001. Interessanti anche le note di copertina scritte dal Maestro, dove si elogia il Trio ed il disco, a ragion più che dovuta, e si spara sui rumori del mondo e sull'indisciplina della gente, così da ricordarci, ancora una volta, con che genio isterichetto e amabilissimo abbiamo a che fare.
È davvero un'opera imperdibile per chi ama il piano, la "forma trio" piano-contrabbasso-batteria, e, più generalmente, per chi ama davvero il jazz.
Carico i commenti... con calma