Partiamo da un contrasto di fondo. Pianoforte acustico e chitarra elettrica, due strumenti che sulla carta non possono che fare a botte. Alziamo il livello dello scontro, e prendiamo un pianista di provata impostazione classica, con debole per il romanticismo più tenue ed elegiaco (leggi: Grieg). Prendiamo un chitarrista che maneggia abilmente la sua Stratocaster tra il jazz più virtuosistico ed informale, ed il rock più arroventato e trasgressivo.
Quale altro ingrediente possiamo aggiungere? Come facciamo a farli andare d'accordo, questi due? Quale elemento può integrare in sé tutte queste spinte propulsive, quale elemento può essere allo stesso tempo perennemente cangiante e sempre uguale a se stesso?
Il Mare.
Dunque, quella sera a Lipsia sul palco, c'erano un ascetico pianista, un curioso ed eclettico sperimentatore, un chitarrista ex cattivo ragazzo, che si gode una placida, incipiente pinguedine, che si divide tra il Miles elettrico, l'Hendrix acido e le tentazioni sinfoniche, e in mezzo a loro, invitato, evocato, costantemente presente, il Mare del Nord. Il Mare che si insinua tra i fiordi ("By The Fjord"), che tutto sommerge e circonda ("Flotation And Surroundings"). Il mare indicibile, che può essere superficie piatta, appena increspata ma brulicante di luce, e all'improvviso farsi scuro, cambiare la sua voce in un tono cupo e sordo, fino ad esplodere in una dissonanza di marosi. ("The Sea"). E' la Norvegia, bellezza, e i due sono Ketil Bjornstad e Terje Rypdal. Il risultato è una musica intensa ed inclassificabile, ed una serie di temi di grande fascino, che entrano l'uno nell'altro in maniera suggestiva e spontanea.
Frasi sussurrate e devastanti improvvisazioni chitarristiche. Romanticismo ed estatiche grida di gabbiani al cielo. "The Sea II", dove il delicato arpeggio di pianoforte serve alla chitarra a spiccare il volo verso spazi infiniti. I due si scambiano i ruoli con consumata maestria, cementata in anni di frequentazione musicale reciproca: Bjornstad abbandona il suo pacato lirismo e diventa energico, percussivo. Rypdal alterna passaggi muscolari con note lunghe ed atmosferiche, feedback e delay ("Foran Peisen").
Gran finale: tutti in piedi a fare air guitar con il classicone di Rypdal "The Return Of Per Ulv", energizzante e vitaminico. Sarebbe il ritorno di Vil Coyote, per chi, come me, non mastica neppure una parola della lingua dei fiordi. L'algido Bjornstad si fa contagiare dall'entusiasmo del suo compagno e del pubblico, si dà una mossa e dimostra di saper roccheggiare anzichenò.
Sarebbe stato bello esserci, quella sera a Lipsia.
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