Avanti, dove sta il trucco? Dobbiamo davvero credere che "6 Feeth Beneath the Moon" del 2013 sia l'opera prima di un ragazzino di diciannove anni (cliccare sul link per farsi un'idea di quanto sia ragazzino, please)? Ma non erano quelli del rap questi qui? E a parte questo: cos'ha di adolescenziale questa voce così profonda e suadente, da dove arrivano queste composizioni sonore così eleganti e mature?

Attacchiamo alla macchina della verità questo Archy Marshall, al secolo King Krule (il nome è preso dal personaggio di un videogioco) e vediamo di scoprirlo. Sempre che lui stesso sappia darci una risposta, visto che il ragazzino inglese cita tra i suoi ispiratori Gene Vincent, Elvis Priesley e Fela Kuti. La faccenda invece sembra molto più complessa, perchè se tra le pieghe delle canzoni emerge senz'altro un'ispirazione vintage e rockabilly (ma si potrebbe anche dire psycho-rockabilly, penso a certe cose dei Gun Club), resta difficile trovare le parole che possano realmente definire quest'album. In alcuni frangenti si fa largo il fantasma di Joe Strummer, in altri fanno capolino drum'n'bass ed elettronica, in altri ancora addirittura si affaccia la vena stralunata di un Thom Yorke alle prese con un vecchio rock'n'roll old style. L'atmosfera finemente minimalista, sognante, irreale e fuori dal tempo aggiunge infine il tocco finale a un disco strano che ci riporta indietro di almeno 40 o 50 anni. Ci si ritrova su una terrazza che s’affaccia sul mare a farci cullare dalla voce potente e baritonale e a tratti scazzata di KK sorseggiando cuba libre mentre puntiamo la donna perfetta per la serata.

Cosa chiedere di più? Dove sta dunque il trucco? Perchè, se non c'è nessun trucco, non riusciamo davvero ad immaginare dove possa arrivare questo piccolo genio di soli 19 anni, in arte King Krule.

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