Qual è il più grande merito dei Kraftwerk?

Le risposte potrebbero essere molteplici: oltre ad avere influenzato la musica dei successivi 20 anni, infatti, questi quattro composti signori tedeschi hanno inventato l'elettronica dal nulla, pubblicando album memorabili come Autobahn e Trans-Europe Express, lavori sperimentali e unici non compresi all'epoca, ma rivalutati ai giorni nostri, dopo più di due decadi di distanza. Nel 1978 esce The Man Machine, e siamo nuovamente di fronte ad un disco di altissimo livello, in cui il futurismo-decadente del gruppo sembra raggiungere nuovi inaspettati vertici. 6 tracce perfette, una copertina ispirata al costruttivista russo El Lissitzky, ed il gioco è fatto: si passa dall'ipnotica "The Robots", ai ritmi danzerecci di "Spacelab" e "Metropolis", giungendo, poi, al vero capolavoro del disco, "The Model", canzone da "villaggio globale" con melodia irresistibile annessa, per poi continuare con la crepuscolare "Neon Lights" e la stupenda title-track conclusiva, forse il pezzo più attuale e sconvolgente (non so, se ci rappasse qualcuno sopra e uscisse oggi, quasi non sembrerebbe un brano del 1978! :D).

Null'altro da dire, quindi, se non ribadire che The Man Machine è un ulteriore capolavoro dei Kraftwerk, un gruppo che, ancora oggi, resta tra i più innovativi della storia della musica. Dopo l'uscita dell'ottimo concept Computer World, con il quale i Kraftwerk inagurano gli anni '80, la spinta propulsiva del gruppo sembra esaurirsi. Nonostante ciò, dischi come The Man Machine restano impronte indelebili, difficilmente cancellabili, e se oggi si può parlare di elettronica, techno o drum'n'bass lo si deve senza dubbio a questi austeri signori tedeschi, forse ignorati da molti, ma che hanno fatto il loro. E lo hanno fatto sicuramente bene. Mitici.

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