Se c'è una cosa di cui Kurt Wagner non avrebbe assolutamente bisogno, è una valangata di auto-tune sulla voce.
Ancora ricordo quando ascoltai per la prima volta “Is a woman”: mi sembrava di ascoltare Barry White dopo un corso di buone maniere stilistiche e una passata di tranquillanti. Una voce capace di scardinare i cuori più aridi.
Eppure Flotus (For Love Often Turns Us Still), nuovo album dei Lambchop, è completamente permeato su questa tanto bistrattata tecnica.
Una prassi che comincia per gioco, fino a diventare il tratto estetico di riferimento della nuova scuola hip-hop americana, quella dei Kendrick Lamar e dei Kanye West. T-Pain, anni fa, c'ha addirittura fatto un'app abbastanza grottesca. Da anni mi interrogo su questo benedetto auto-tune, che negli anni ho definito, in un tripudio bipolare: “la vera novità di questa contemporaneità” e “roba buona per i neomelodici napoletani”.

Wagner ha deciso di dare una chance alla prima verità e forse, per la prima volta, ci ritroviamo a fare i conti con questa trasmigrazione dallo scenario rap, guardato sempre come una sorta di robetta di serie b, al puro cantautorato.

Puro cantautorato che non manca, come sempre, tra l'intimo e il politico (se hai una moglie attivista politica, è quasi un atto dovuto). Le parole non sono mai buttate lì a caso.

Wagner e compagnia, non abbandonano di certo l'aspetto soul, radicato da sempre nel loro dire musicale e non ricorrono all'artifizio auto-tune come un vocoder accessorio o una goliardata da incentrare su una sola traccia. L'album è tutto così, con una forma poetica più serrata e meno dispersiva.

E a farlo così, sono stati i Lambchop, una band da sempre acclamata per il loro approccio pertinente alla musica e alla ricerca musicale.
Non parliamo di mangiaclassifica come Katy Perry o la Cher di Believe, ma di gente che per competenza musicale ha ben poco da imparare.
Flotus, per queste ragioni, per il suo approccio alla produzione, per la scelta dei suoni e delle armonie, è il disco che – finalmente – lascia intuire che la musica, nel 2016, non è soltanto un tragico sniff sniff sul bello che fu ma che può raccontare i nostri tempi musicali. Flotus è un disco moderno, che può essere ben accolto o meno, ma che racconta questo oggi, tanto vituperato e in fondo conferma che la cultura hip hop, è stata l'ultima delle avanguardie meritevole di attenzione.

Menzione a Directions to the Can, un “quattromani” con Ira Kaplan (altro bel personaggino) e The Hustle, una suite di minuti diciotto che chiude l'album con un best of di ciò che è stato ma, soprattutto, di ciò che sarà. Forse - e sottolineo forse - non è ancora finita.

Album essenziale.

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