Strampalato, strafottente, sarcastico, demenziale, sadico, sporco, trash, volgare, irregolare, trasgressivo, esilarante, folle e… bastardo!

Sono queste le prime parole che saltano in testa dopo la visione di questo "Borat" (dal sottotitolo chilometrico: 'Studio Culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan') del regista Larry Charles, una specie di road-movie sgangherato e imperfetto, un incrocio shekerato tra i Blues Brother, un docu-film alla Michael Moore e le imprese surreali di Mr. Bean.
Nel suo italiano da extracomunitario (splendida la voce di Pino Insegno!) il nostro Sacha Baron Cohen (niente a che vedere coi fratelli registi), l'unico protagonista vero mattatore del film, ci avverte col suo sarcasmo sempre sul filo del rasoio:
"Voi italiani andare a vedere mio film, ma contiene imprecazioni oscene e violenza gratuita e in Kazakhistan ha avuto gravissima censura, che significa che tutti superati 3 anni di età potranno vederlo!".

Un film che ha dato una ventata di follia a una cinematografia del 2006, abbastanza "stanca" e inviluppata in se stessa, che ci ha ringarzulliti dal tepore a cui stavamo andando incontro, grazie anche ai risultati stratosferici ottenuti al box-office in tutto il mondo (si parla di un incasso di 250 milioni di dollari a fronte dei 18 milioni spesi!!).
'Borat' è una specie di Mr. Bean dicevamo, anche se il nostro ha più carica trasgressiva e irriverente che lo fa accostare maggiormente alla comicità involontaria di Andy Kauffman (le cui gesta sono state immortalate da Milos Forman nel film 'Man on the Moon') o alla genialità comica e involontaria di un Peter Sellers con tutta una dose di volgarità e impertinenza impossibile solo da immaginare allora.

Un vero animale da palcoscenico, dicevamo, dove il palcoscenico, in questo caso, sono le strade dell'America contemporanea usate come fragile trama per le incursioni bizzarre e travolgenti del pazzo Baron Choen, protagonista, autore, co-regista e produttore di tutto il film. La trama dicevamo diventa qui un mero pretesto per i numeri semi-improvvisati del nostro costruiti intorno all'esile trama: un giornalista strampalato del Karzakistan folgorato dalla visione di Pamela Anderson in un film alla TV, decide di partire alla volta della California determinatissimo a impalmare la tettuta siliconata di Palm Beach (ex oramai… ).
E su questo canovaccio, i produttori (tra cui il nostro) con una piccola ma agile troupe cinematografica (solo 8 elementi!) si è addentrato nei meandri della società americana evidenziandone pregi (pochi sembra emergere dal film), vizi, psicosi e manie del cittadino medio statunitense (coinvolto A SUA INSAPUTA nelle riprese, e questo andrebbe ben chiarito all'inizio della visione!).

Un film al 50% improvvisato giorno per giorno e filmato con l'uso subdolo di telecamere nascoste e microfoni camuffati (con l'ausilio di un furgoncino da gelati usato come centro operativo), a riprendere sconcerti e reazioni della gente di strada e non (ripeto, ignara di tutto) , "travolta" da questo uragano-comico a dir poco irresistibile!
Si incontreranno così Neo-Pentacostali scalmanati, cowboy razzisti (altro che i leghisti di casa nostra!), finti maestri di bon ton pronti a perdere le staffe, studentelli nerd rincoglioniti, rapper di colore strafatti, venditori di paccottiglia e casalinghe disperate ma sul serio!
Un film a suo modo vitale e adrenalinico che, pur raffazzonato alla meglio, presenta una grande kermesse di tipi, situazioni e assurda umanità, messa alla berlina dalla grandissima faccia da sberle del protagonista che riesce a raggirare le sue prede con mille volgarità, battute antisemite, sberleffi e una facciatosta davvero imperdibile (storica e da manuale la scena del litigio di Borat col suo produttore, completamente nudi, in situazioni da kamasutra PRIMA in camera e poi in una Sala Convegni gremita di gente in smoking… da piangere dalle risate!!)

Un film ASSOLUTAMENTE Non-Correct ma oserei anche dire FINALMENTE VIVO, una vera forza della natura per un cinema sempre più difficile da realizzare e produrre in questa società sempre più "Global" e sempre più stereotipata e standardizzata su valori narrativi ed estetici sui gusti di un pubblico a sua volta sempre più televisivo.
Un caso più unico che raro in questo inizio 2007 che finora ha regalato gran pochi capolavori. Che non sarà certo questo ma la strada indicata da questa piccola produzione testarda e coraggiosa, per me è quella buona.

 

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