Non è un disco. Ma solo nel senso che non è fatto di vinile. Perché suonare suona, eccome. Più di tutto quello che suona oggi messo insieme. In queste cinquecentoepussa pagine c’è più o meno tutto quello che ho sempre inteso per rock n’roll. Nel bene e nel male. C’è la musica prima di tutto. Vite modellate e attorcigliate sulla musica, rese grandi dalla musica. Spesso fottute dalla musica. Ma vite in cui la musica era certamente tutto. Ramones, New York Dolls, Velvet Underground, Stooges, Dead Boys, Television, Patti Smith Richard Hell. E poi Pistols, Clash, Heartbreakers. Cristo se non è roba che suona questa.
Un libro a metà tra reportage e cimitero. Un lungo elenco di morti e vivi malridotti. Lo specchio di una generazione davvero perduta che ha partorito la musica più eccitante di sempre. Un libro non scritto. Una vera storia orale come recita il sottotitolo inglese. Quasi un’epica omerica in cui il narratore è assente, ovvero sbriciolato in una miriade di punti di vista. Splendori e miserie di vite perse e di talenti sprecati. Al di là dell’inevitabile nostalgia di chi resta per chi è già partito, un racconto fedele ed emozionante. Almeno per chi, come me, crede che il rock n’roll sia ancora una delle cose per cui vale la pena di vivere. Nonostante il post Nirvana. Nonostante il post-rock, l’emo-core e tutte quelle altre sigle che non significano un cazzo. A cominciare dall’etichetta punk, che non ha mai significato un cazzo. Parola di Legs e Gillian, cui va il rispetto più profondo per la passione e (tuttavia) la misura. Canzoni di tre minuti in culo ai dinosauri dei ’70. Tornare al caro vecchio rock n’ roll delle origini. Che ci piace, però. Cristo se ci piace.
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Altre recensioni
Di mojo
La lettura di un libro come “Please kill me” è desolante... una babilonia del cazzo, con gente del cazzo...
Ci piace lo stesso... ma che tristezza... ci piace lo stesso... ma ora basta... vogliamo un'orchestrina itinerante.