La forza di questo film sta nel contesto storico in cui è uscito al cinema: gli anni trenta.

In quel periodo credo fosse difficile parlare di guerra semplicemente come morte, senza nessun romanticismo, nessun eroismo, nessuna appartenenza ad un popolo piuttosto che ad un altro.

"All'ovest niente di nuovo", in alcune scene forse peccherà di un eccessiva teatralità e retorica, ma ha il grande pregio di sfoderare in faccia allo spettatore la vera essenza della guerra, e non attraverso qualche sottile metafora o significato recondito da interpretare ed il tutto in una fase storica in cui raccontare il conflitto in questo modo significava andare controcorrente, essere censurato, beccarsi insulti di ogni tipo e persino essere oggetto di lancio di topi nelle sale.

Da molti il film del regista americano Milestone è stato considerato il primo colossal della storia. In effetti, si tratta di un vero e proprio "colosso" girato con una maestria e un'attenzione minuziosa dei particolari, forse mai vista sin ad allora.

Niente è lasciato al caso e due aspetti, in particolare, emergono prepotentemente dall'opera: l'inganno e la crudeltà.

L'inganno è l'elemento principe che spinge i giovani ad arruolarsi, nella falsa consapevolezza di entrare a far parte della storia ed essere ricordati per le loro gesta in battaglia. Ma presto l'inganno lascia spazio alla crudeltà dei massacri che, nonostante il film sia stato girato molto tempo fa, non sono semplicemente accennati ma mostrati attraverso il sangue fuoriuscito dai fori di proiettile, le amputazioni causate dai colpi di mortaio, la fissità della morte, il tutto con una intensità tale da far impallidire i venti minuti iniziali de "Salvate il soldato Ryan".

Dopo la visione de "All'ovest niente di nuovo", non so perché, mi è venuto da pensare a come fosse difficile professare la pace in quel periodo, forse il più triste della storia. In quegli anni la paura spingeva le masse ad uniformarsi nei loro ideali e nei loro pensieri. Ma per un attimo, mi piacerebbe tornare indietro nel tempo e provare a pensare e ad agire come un uomo di pace, per cogliere un briciolo di quella forza che animava quella gente.

Questo perché oggi si parla tanto di pace ma pochi, in realtà, la sentono come gli uomini che vivevano la guerra dei primi decenni del secolo, o come tutti i cittadini arabi ed ebrei che manifestano tutt'oggi per la pace in medioriente. Solo per un attimo mi piacerebbe tornare ai tempi del fascismo e provare a pensare e ad agire come un partigiano. Ad avere un briciolo del loro ardore. Questo perché la vita di oggi, seppur con tutte le difficoltà legate alla precarietà del lavoro, alla criminalità e a tanti altri problemi attuali, rischia di intorpidirmi con la sua ordinarietà.

Queste poche righe sono dedicate a tutti quegli uomini e donne che amavano e volevano la pace in quegli anni ed anche a quegli uomini e quelle donne che agivano per sovvertire ed annientare la dittatura nazifascista in Europa. Perché troppo spesso, anche qui su DeBaser, ho letto cose che tentano, anche sotto velate spiegazioni sociali e culturali, di fare del pericoloso revisionismo.

Nella speranza di non andare controcorrente come fece "All'ovest niente di nuovo" quando uscì nelle sale cinematografiche.

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