Un destino ingrato è quello del pesciolino rosso. Fra gli animali domestici è senza dubbio quello meno quotato in quanto a fascino (gli si preferisce il gatto), rapporto con il padrone (il cane), ascendente sui piccoli di casa (conigli e criceti). I ritmi di vita sempre più frenetici del padrone, coniugati all'impossibilità da parte della bestiola di emettere suoni più o meno articolati e percepibili, gli provocano astinenza coatta dal mangime anche per più di un giorno e, come se non bastasse, in caso di morte l'attende un travagliato viaggio verso un oltretomba dall'indegna porta d'acCESSO.

Per ogni serie televisiva da lui girata, Renè Ferretti possiede un pesciolino rosso. La metafora è più che chiara. Nonostante tutte le giuste premesse da parte di produttori e spettatori, le fiction italiane seguono lo stesso corso vitale di un Carassius auratus: vengono alla luce fra l'eccitazione dei creatori e le lucrose ambizioni dei produttori, vengono accolte in una dimora angusta e artificiale che si chiama set, con la quale inevitabilmente familiarizzano, intrattengono per un po' gli spettatori e per poi essere letteralmente scaricate nel dimenticatoio. Quello che in gergo viene definito leitmotiv, il motivo conduttore nella fattispecie di "Boris", situation comedy italiana, è già sufficiente per giustificare qualsiasi falla o incongruenza rilevabile (Ma non ce ne sono), perché è geniale. La televisione che ride di se stessa, delle menzogne che si celano in essa in quanto finzione.

Trasmessa per la prima volta nel 2007 e giunta alla sua terza stagione, "Boris" ha ricevuto elogi di critica (Fra i premi vinti una menzione di merito speciale al Roma fiction fest 2008) e di pubblico. L'azione è incentrata su alcuni personaggi alle prese con la lavorazione di una serie televisiva, "Gli occhi del cuore", uno dei tanti prodotti sentimental - popolari che ogni anno vengono immessi nelle già glassatissime programmazioni da parte delle emittenti italiane. Una vera e propria commedia umana dove si avvicendano le figure di un regista, Renè Ferretti (Francesco Pannofino, anche doppiatore) profondamente rispettoso verso la sua professione ma, consapevole del sistema in cui si è invischiato, deve tollerare a malincuore i pessimi risultati ottenuti, Alessandro (Alessandro Tiberi), aspirante regista costretto a sopportare angherie e soprusi inflittigli dalle sedicenti "star" e dai suoi collaboratori, Arianna (Caterina Guzzanti), tirannicamente aggrappata al suo lavoro di assistente alla regia, Stanis (Pietro Sermonti) borioso divo e attore mediocre che rinnega le sue effettive origini italiane ("Dica il cuoco di non essere troppo italiano..."). Di contro alla stabilità del personaggio maschile protagonista (di "Gli occhi del cuore" s'intende, dal momento che "Boris" non ha un protagonista effettivo) che è appunto Stanis, ci troviamo una variegata gamma di soggetti femminili, dalla presuntuosa Corinna / Carolina Crescentini alla raccomandata Cristina / Eugenia Costantini fino alla tamarrissima Karin / Karin Proia, assoldata per la sola necessità di regalare qualche momento "piccante" ai telespettatori della soap. I nomi citati sono solo i principali di una lunga e clamorosa carrellata di tipi umani.

"Boris" non si limita a menare per il naso la televisione italiana. Irride in maniera dissacrante la meschinità delle logiche di produzione, la loro incapacità ad interagire con l'arte dello spettacolo, illustra con toni grotteschi e caricaturali il pubblico medio italiano, privo di una qualsivoglia difesa culturale che gli permetta di proteggersi dagli infimi livelli televisivi, evidenzia con sarcasmo la svogliatezza di chi lavora dietro le quinte, la trivialità di certi comici, le ingiustizie subite da chi non ha protezione politica, il divismo, le frustrazioni e le manie che spontaneamente cominciano a germogliare. La miscela è perfettamente calibrata anche nella terza stagione, appena cominciata e quindi impossibile da giudicare compiutamente, che presenta tra l'altro numerose innovazioni rispetto alle precedenti (gli interessati faranno a meno di leggerle sulla corrente pagina e potranno visionarle direttamente sullo schermo). Rimangono le costanti: un vocabolario vivido con ampie incursioni in quel de Roma, un cinismo e una sincerità disarmanti, momenti di alta comicità e graffiante riflessione.

Scena Cult

E' tempo di elezioni. Se vincerà la destra, l'assassino del conte di "Gli occhi del cuore" sarà il sodomizzato di Bergamo, se vincerà la sinistra la colpa ricadrà sul magistrato Pardieri. Ma dal momento che l'esito è ancora incerto, l'attore cui spetta l'onorevole compito di svelare il colpevole dovrà dire qualcos'altro, "la prima cosa che gli viene in mente" per poi essere doppiato:

Cristina: E quindi hai scoperto chi ha sparato al conte?

Karin: Volete veramente sapere chi è stato?

Stanis: Si!

Karin: E' stato ‘sto cazzo...si, ve lo giuro!...'sto cazzo!!!

Renè: Stooooooop!

 

Carico i commenti...  con calma