Può un riff di chitarra entrare nell'immaginario e nella memoria collettivi quanto un'intera canzone?

Sì, perché, almeno per quelli della mia generazione, non c'era possibile dubbio sul dove s'andasse a parare se si sentiva quel zam-zam zazazam-zam ripetuto...

E quelli, come me, che suonavano, quando imparavano i primi accordi i riff eran sempre quelli: "Smoke On The Water", "Starway To Heaven" (pare che in un negozio di strumenti vi fosse un cartello ad altissimo tasso di goliardia che vietava di provarla...) ed appunto i battistiani tempi di morire e canzoni del sole. E, spesso, la roba per gente alle prime armi è roba buona. Perdonatemi i soliti paragoni vinicoli, ma se dovete iniziare qualcuno al doveroso amor per la bottiglia, meglio cominciare da una buona bonardina non troppo forte e ben vinificata, piuttosto che da un barolo o un amarone che magari non sarebbe in grado di comprendere in pieno...no?

Tornando a noi: ancora una volta (a l'avrebbe fatto ancora...) il nostro caro Lucio è stato capace di far innamorare quell'Italia giovane, ancora bella benché normalmente colonizzata.

E c'è voluto poco, o tantissimo, a seconda di come la si pensi e come la si vede.

Scrivere una canzone come "Il Tempo Di Morire" è facile? Dibattito già affrontato altrove e che potrebbe durare millenni.

Sulla carta sì: il giro armonico è un classico "blues invertito" con il terzo accordo, per capirci, al posto del secondo. Roba facile, che s'impara subito e si suona bene. Il testo, privo di immagini poetiche o letterarie particolarmente forti, è semplice, e potrebbe anche esser stato buttato giù in dieci minuti.

Eppure.

Eppure di canzoni così se ne scrivono molte e ne riescono poche. Le classiche ciambelle col buco.

Il tutto aggravato (o attenuato, fate voi) da un'evidente e imparazzante improvvisazione da studio. Certamente una registrazione in diretta: verso la conclusione si sente distintamente Lucio che dice ai musicisti "finale!", ad indicare, appunto, che il blues, per sua natura destinato a durare ad libitum, e soprattutto ad libbidinem, andava a concludersi.

Non erano tempi di brani lunghissimi (come non li sono neanche ora) soprattutto se s'aveva l'ambire di finire in classifica.

Ma erano tempi belli, nei quali un genio circondato da amici che sapevano suonare, con a fianco un amico che sapeva scrivere (nessun imperfetto è così appropriato...), potevano buttare lì un piccolo capolavoro di colonizzazione rock-blues, che tutti avremmo cantato e suonato. Finora, per sempre.

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