Celebre uomo di guerra olandese, il conte di Egmont (1522-1568) servì negli eserciti di Carlo V, per i suoi meriti fu nominato governatore e comandante generale delle Fiandre e dell'Arlois, cercò un accordo tra cattolici e protestanti, e col suo atteggiamento fermo e dignitoso divenne un punto di riferimento della resistenza fiamminga contro il governo spagnolo, invasore personificato dal Duca d'Alba.
Goethe ne fece il protagonista di una sua tragedia in cinque atti del 1787, caratterizzandolo come un personaggio solido e sereno, che non rinnega il suo passato di militare, che accetta il ruolo di mediatore perché da un lato è fedele servitore della monarchia dall'altro condivide le sofferenze del suo popolo. Eroe che rifiuta di fuggire davanti alla minaccia, non rinuncia al suo ideale di libertà e viene giustiziato nonostante i tentativi della amata Klärchen di mobilitare il popolo che lo aveva osannato e che alla fine lo abbandona.

Quando Joseph Marti von Luchsenstein, direttore dell'Hofburgtheater di Vienna nel 1809 chiese a Beethoven, grande ammiratore di Goethe, di scrivere le musiche di scena per una ripresa del dramma, il compositore accettò con entusiasmo. La stesura della partitura, che comprende un'Ouverture e nove pezzi (quatto intermezzi, due Lieder per soprano e orchestra, due "melodrammi", cioè scene recitate con accompagnamento strumentale, e una Sinfonia di vittoria, che richiama i temi dell'Ouverture) iniziò nell'ottobre del 1809 e fu portata a termine nel giugno del 1810, e il 15 dello stesso mese ci fu la prima esecuzione all'Hofburg-theater. Il 12 aprile 1911 Beethoven inviò a Goethe la partitura chiedendogli un suo giudizio, che fu positivo, sottolineando la perfetta coincidenza della musica con le sue idee poetiche. Il compositore in effetti vedeva descritti nel dramma di Goethe quegli ideali morali di derivazione kantiana, che gli erano molto cari: libertà, eroismo, sacrificio, volti a un fine superiore e al bene comune, oltre al tema della morte di un eroe che lo aveva tanto ispirato.

Nell'Ouverture, in fa minore, costruita sullo stesso modello Lento-Allegro dell'Ouverture del Coriolano, Beethoven rispetta i principi della forma-sonata, ma trasfomando la musica in un condensato dell'azione sia sul piano drammatico che su quello psicologico, imprimendovi un carattere eloquente e commovente, evitando però la magniloquenza per mettere in evidenza la fierezza e la dignità del suo protagonista. L'introduzione lenta si apre con un accordo all'unisono di tutta l'orchestra, poi si muove alternando gli accordi gravi degli archi e gli accenti evocativi degli strumenti a fiato, poi lascia emergere una breve frase lirica, sostenuta dal ritmo insistente degli archi e dei timpani. Segue L'Allegro, che corrisponde al momento della lotta, è percorso da una grandissima energia ed è abilmente costruito con una serie di motivi, ciascuno ricavato da un brano già ascoltato precedentemente. Gli archi formano un grande crescendo, fino a che una passaggio dal maggiore al minore affievolisce la tensione e introduce un tema che è una variante del primo tema dell'introduzione e che ripropone la contrapposizione tra archi e fiati. Dopo lo sviluppo, che genera lo stesso clima di tensione e attesa dell'introduzione, la ripresa è prolungata da una coda, ancora giocata sulla opposizione timbrica e dinamica tra il fortissimo di quattro corni e una frase triste degli archi. Tutto improvvisamente si arresta su un accordo in pianissimo, un momento di calma prima del crescendo e dell'accelerazione ritmica che sfociano su una fanfara gioiosa dei fiati che coincide con il trionfo degli ideali dell'eroe.

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