Il trionfo della fratellanza. L'uomo che si libera dal male e dalla malvagità. Gioia!
La Nona Sinfonia in Re Minore, op. 125 è l'ultima sinfonia del grande compositore romantico, il tedesco Ludwig van Beethoven. Fu composta tra il 1822 e il 1824, ben dieci anni dopo l'ottava sinfonia. Non molto era cambiato in questo lasso di tempo, oltre al fatto che Beethoven s'era isolato dal mondo ed era diventato completamente sordo.
Nonostante tutto, riesce nell'impresa di comporre un'opera magna della musica classica. Sicuramente è la più conosciuta anche fra i non cultori delle opere classiche.
Da tempo Beethoven voleva scrivere una sinfonia sui versi dell'"An die Freude" ("Inno alla gioia") di Friedrich Schiller e vi riuscì soltanto nel 1824.
Il risultato fu un'opera manifesto del Romanticismo europeo. Non subito, però, fu acclamata da parte della critica, anzi molti la considerarono rivoluzionaria e "fuori dagli schemi" e dalle soluzioni stilistiche classiche. Ovviamente fu il genio di Beethoven a non voler comporre un'opera "di mestiere" e ben presto la critica mutò consiglio e inserì la Nona Sinfonia nel gotha della musica classica. Fu, invece, un successo di pubblico enorme, tanto che alla prima dell'opera (eseguita a Vienna nel 1824 al cospetto dell'Imperatore Francesco I d'Austria) il pubblico regalò al compositore tedesco ben 5 ovazioni e sventolò i fazzoletti bianchi.
La Nona Sinfonia si basa su quattro movimenti: "Andante ma non troppo", un poco maestoso (in re minore), "Molto Vivace" (in re minore), "Adagio molto e cantabile" (in si bemolle maggiore) e "Presto" (in re minore).
Il primo movimento si apre con un sottofondo creato archi e fiati e l'incipit si basa su un salto di due note in progressivo crescendo, il quale introduce il motivo portante. Durante l'esecuzione si alternano fasi quiete a vere e proprie esplosioni musicali, dominate dai violini, dai flauti e dagli ottoni. Tutto ciò da un senso di confusione e di caos, quasi a voler significare il dissidio interiore dell'Uomo. Si provano emozioni che solo il nostro inconscio sa interpretare e con, estrema grandiosità, si ripete il motivo portante che chiude il primo movimento. Un inizio splendido.
Il secondo movimento, "Molto Vivace", è ancor più altisonante e possente. Si tratta di uno "Scherzo" trasmette una potenza mai provata prima d'ora, grazie anche al motto principale dato da un salto di ottave da parte dei violini, intervallate dai timpani, che contribuiscono a disegnare un'atmosfera unica. Al suono spigoloso degli archi si contrappone quello dolce dei flauti, che accompagnano l'esecuzione nei vari richiami al motto d'apertura e al motivo principale. Qui il senso di vuoto e di indistinto tende a scemare, ma ancora permea il cammino dell'Uomo alla ricerca della gioia. La chiusura del secondo movimento è data ancora al richiamo del motivo.
L'"Adagio e molto Cantabile" smorza i toni dei precedenti due movimenti, caratterizzati dal forte impeto musicale. Nel terzo movimento regnano le soffici melodie disegnate dai clarinetti, dai fagotti e dai flauti, accompagnati superbamente dal tappeto musicale creato dagli archi. Sul finale s'inserisce una fanfara di corni che restituisce la veemenza dei primi due movimenti.
E' questo il momento in cui, dopo l'iniziale confusione e stordimento, l'Uomo può finalmente raggiungere la felicità e liberarsi dall'odio e dalla cattiveria. Questo movimento è da preludio alla piena consapevolezza dell'Uomo.
Quarto ed ultimo movimento: fanfara di fiati interrotta per due volte dal recitativo di violoncelli e contrabbassi. In questa prima parte si riprendono i motivi dei primi due movimenti, interrotti ogni volta dal recitativo dei bassi. I violini anticipano anche il tema della gioia in un crescendo caratterizzato dall'"Allegro Assai" del quarto movimento. La ripresa della fanfara iniziale introduce il corale, con il tenore che introduce i primi versi dell'Ode alla Gioia di Schiller (alla quale Beethoven introdurrà una quartina personale).
Tenore, baritono, contralto e soprano cantano all'unisono la prima parte dell'Inno di Schiller. Un richiamo alla fratellanza fraterna, alla gioia. All'improvviso pausa. Le percussioni "alla turca" aprono la marcia cantata dal baritono. Segue un intermezzo di violini che crea l'attesa spasmodica per il finale cantato dall'intero coro.
Prosegue con un andamento maestoso l'opera, con i cantanti ed il coro che recitano l'Inno alla Gioia. Infine rapida accelerazione di tempo in un grandioso crescendo a pieno organico; improvvisa sospensione e stretta conclusiva.
Applausi scroscianti. Il genio non ha fallito e risponde alla sordità con la sua ultima grande opera. L'Inno alla Gioia contiene dunque un chiaro messaggio: gli uomini devono essere fratelli, devono vivere in armonia e in pace gli uni con gli altri. Ognuno deve allora interiorizzare le idee che questa meravigliosa opera ci comunica: la pace non è una prospettiva irrealizzabile, anzi, con l'impegno di tutti noi sarà più facile costruire un mondo di fratellanza e di armonia.
L'Uomo ha raggiunto la felicità. Gioia!
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