Sicuramente ricorderete il "Carosello" durante il quale veniva pubblicizzato un amaro olandese molto forte... Ricordate il pugno rivestito di un guanto di ferro che calava sul tavolaccio e la musica che accompagnava questo gesto forte ed eroico... un lungo unisono in fortissimo degli archi a schermo vuoto preparava l'esplosione di un accordo a piena orchestra che sottolineava il perentorio abbattersi su un tavolo del pugno chiuso di un armigero. Grazie a un amaro olandese dal gusto forte, l'Ouverture Coriolano di Beethoven - o almeno una sua cellula fondamentale - entrava così a far parte delle esperienze di ascolto familari a milioni di italiani.

Coriolano è il soprannome attribuito al leggendario patrizio romano Cneo Marcio (Gneo Marzio), artefice nel 493 a. C. della conquista di Corìoli, capitale dei Volsci. Esiliato da Roma dopo un fallito tentativo di farsi nominare console, Coriolano, desideroso di vendetta, si era rifugiato presso Tullio Aufidio, re dei Volsci, per guidarne l'esercito contro Roma; ma, giunto a poche miglia dalla città, fu fermato dalle parole di sua madre e di sua moglie che lo richiamarono ai valori dell'amor patrio.

La vicenda di Coriolano, narrata da Plutarco nelle Vite parallele, aveva già ispirato fra l'altro l'omonima tragedia di Shakespeare (1607-1608, propriamente The Tragedy of Coriolanus), opere serie di numerosi musicisti e una coreografia. A loro si aggiunse anche Beethoven, con questa Ouverture in do minore composta fra il gennaio e il marzo del 1807 per l'omonima tragedia scritta dal suo amico Heinrich Joseph Edler von Collin che era stata rappresentata con successo al Teatro di corte di Vienna nel 1802 e oggi è completamente dimenticata. La prima esecuzione ebbe luogo a Vienna nel marzo del 1807 nel corso di due concerti a palazzo Lobkowitz durante i quali furono presentati anche la Quarta Sinfonia e il Quarto Concerto per pianoforte e orchestra. Il 24 aprile dello stesso anno l'Ouverture, che è dedicata a Collin, fu eseguita per la prima volta in occasione di una ripresa della tragedia che l'aveva ispirata e nel 1808 fu pubblicata a Vienna come op. 62.

Nonostante il relativo successo goduto al suo apparire dalla tragedia di Collin, fu subito chiaro che la creazione di Beethoven era infinitamente superiore al dramma che pure l'aveva ispirata: E. T. A. Hoffmann, in un'entusiastica recensione del 1812, sottolineava in particolare la grandezza dimostrata da Beethoven nel riuscire a innalzare «una costruzione di grande arte» con «elementi estremamente semplici». Certamente nella vicenda dello sciagurato Coriolano, Beethoven aveva potuto trovare elementi ideali che gli erano particolarmente cari, come il confronto con la storia, la classicità e il mondo romano e il contrasto drammatico fra i sentimenti dell'uomo e il suo senso etico; questo contrasto, così come quello fra lo slancio rabbioso di un animo offeso e le voci pacificatrici e conciliatrici della madre e della moglie, sembrano nati per essere condensati nell'opposizione fra poli di una struttura in forma-sonata.

Nasce così questa straordinaria pagina di musica altissima attraversata, dopo gli impressionanti accordi in fortissimo d'apertura, da una continua tensione che si esprime con un andamento ansimante, ottenuto tramite i continui spostamenti d'accento provocati dalle sincopi e lunghe pause di silenzio utilizzate in chiave espressiva; la tensione, mitigata per pochi istanti dalla comparsa del cantabilissimo secondo tema, è accresciuta anche dalla folgorante concisione del brano, in cui ogni nota sembra essere assolutamente ineluttabile.

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