Vecchio frigo rotto con tanfa di freon, castello fantasma da giostre con miasmi di lubrificante per ingranaggi, "Star Crash-scontri stellari oltre la terza dimensione" è un'eccentrica, patetica e perciò ghiotta stranezza del cinema-bis italiano.

Luigi Cozzi, alias Lewis Coates, partorì questa risposta italiese a "Guerre Stellari" nello stesso periodo in cui Lucas preparava la sua saga-esperimento per un fantacinema via via de-umano. Due fiabe, quella americana molto legata al western (IL genere americano, ormai defunto ma la cui anima è trasmigrata in quasi tutte le pellicole di genere)e al Signore degli Anelli. Quella italiana legata a Flash Gordon e a Guerre Stellari, dopo il successo planetario di questi.

Cozzi, esperto di fantascienza, amico e socio di Dario Argento nella gestione del negozio "Profondorossostore", a Roma, con appena un miliardo e mezzo riuscì nel 1978 a realizzare una pellicola che, inaspettatamente, ebbe un buon successo in Italia e in America. Vuoi la sete di avventure cosmiche vecchio stile in periodo pre-riflusso, vuoi che dopo Guerre Stellari, gli spettatori accorrevano in massa a vedere qualunque pellicola avesse la parola "Star" nel titolo, il film di Cozzi, che sembra fatto apposta per fallire ed essere spernacchiato, guadagnò cifre considerevoli e dè tutt'ora ricordato con amore da un discreto numero di fans, tra cui i soliti esaltati che lo trovano superiore all'origine e gli splendidi amatori di stranezze che, pur rendendosi conto di ciò con cui hanno a che fare, proprio per questo si affezionano come un paguro alla conchiglia (vedere per credere).

Il regista si dichiarò non completamente soddisfatto della realizzazione: i produttori Nat e Patrick Wachsberger spinsero Cozzi a far traghettare quello che doveva essere un "Cassandra Crossing" della via lattea in uno "Spag Wars", sicuri del ferro caldo da battere. e così il più celebre dei film di Cozzi è sostanzialmente un mezzo fallimento per lo stesso (a cui preferisce il suo melenso "Dedicato ad una stella"; ma Cozzi sta bene, psichicamente parlando?).

La storia di "Star Crash" vede in azione Stella Star (Caroline Munro, ex co/Bond girl in "La spia che mi amava"), tassinara dello spazio , bonissima Han Solo-female gender, vestita solo di un paio di mutandine nere, un reggiseno e stivaloni neri di celluloide, imbattersi in un'astronave assalita dal perfido conte Zarth Ahn (Joe Spinell, bravo, niente da dire a parte il cognome e il nome del personaggio, mix tra flash Gordon e Sart-ana). Assieme all'alieno Akton (Marjoe Gortner, che ha sbagliato mestiere e parrucchiere) e al petulante robot Elle (Judd Hamilton,fortunatissimo marito di Caroline Munro, che nel film tarda troppo a levarsi dai cosidetti). Catturata dalle forze dell'imperatore (Christopher Plummer, per 3/4 di film in ologramma e con un'armatura da carnevale), in realtà Stella partecipa a sua insaputa ad una prova per andare in missione contro Zarth Ahn, desideroso di conquistare il potere galattico.

Il film si dipana, ovviamente, nel racconto delle rocambolesche dis-avventure di Stella, finita ai lavori forzati, ma sempre in slip, congelata (sempre in slip) insieme ad Elle per non morire nei deserti (la scena dello scongelamento in slip è una delle più comiche dell'intera pellicola), catturata con slip e tutto dalle Amazzoni guidate da Nadia Cassini (il cui gonnellino lascia immaginare il suo bene più prezioso...) etc etc etc fino alla battaglia finale (stavolta in tuta celeste per non sfigurare davanti all'imperatore), con risibili lanci di suppostoni nel palazzo del conte, manco fossero palloni da calcio che infrangono le finestre di qualche dirimpettaio. (forse il film si chiama Crash per questo...). Nel mezzo l'incontro(in slip ancora...) con colui che si rivelerà essere nientemeno che il principe ereditario, interpretato da David Hasselhorf pre autista di Supercar, per bagnino capo nella "Silicon" Beach di "Baywatch", la lotta, armata di slip, contro i due guardiani delle porte dell'astronave di Zarth Ahn (slip...), chiamati Golem e realizzati da Armando Valcaudo con animazione stop motion alla Ray Harryhausen (così come la robot gigante delle amazzoni, che grande e grosso com'è cade in un nanosecondo, accanto ad una Stella Star in slip neri).

Si fa presto a ridere di questo film e non senza ragione: costumi alla anni 50, tecnologia futurista "antiquata", plagi rozzi di spade laser, battaglia finale miseranda con lasers dipinti su pellicola, astronavi che sembrano modellini Airfix (e lo sono!!! sono di Murray Leinster; in una scena presente solo nell'edizione americana si vede scritto nel profilo del mezzo che Stella incontra all'inizio del film proprio Murray Leinster, in omaggio al genio della Airfix). Eppure, tra le tante "cozzate" che ivi si incontrano vi sono alcune idee che anticipano addirittura "L'impero colpisce ancora", come quella del pianeta dei ghiacci.

Con questo non voglio dire che "Star Crash" sia superiore a "Guerre Stellari"; ovviamente questa salsapariglia è da me preferita alla ormai stantia visione della saga lucasiana, che rispetto ma non sopporto più di incontrare nel pianeta Catodik. E se devo scegliere tra cloni, certo preferisco le mutande di Caroline Munro a tutte le scene di "Battlestar Galactica" (visto in prima visione in un triste lunedì al "mio" cinema San Marco). Resta lo sforzo produttivo più imponente fatto da un italiano per uno sci-fi movie, con tanto materiale di scarto ma con certi lussi tra cui avere nei titoli di testa scritto "Musiche di John Barry"!!!

BEN meglio di "Paganini Horror", comunque...

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